Bel colpo della piccola etichetta spagnola Alone, la quale si assicura un trio che possiamo definire “storico” nell’ambito del desert-sound. I musicisti che formano gli Yawning Man sono infatti personaggi di grande popolarità tra gli appassionati per aver segnato l’evoluzione di questo stile, che in tempi recenti è stato inglobato dentro la nebulosa definizione di stoner-rock. Mi riferisco in particolare a Mario Lalli ed Alfredo Hernandez, presenti in quasi tutte le più importanti formazioni del genere nonché pionieri di questo particolare modo d’intendere il rock. I due, insieme a Gary Arce e Larry Lalli (cugino di Mario, in coppia anche nei Fatso Jetson) danno vita alla band nel lontanissimo 1986, segnalandosi subito per la visionaria particolarità della proposta. Ed è proprio ai loro concerti, spesso trasformati in meravigliose ed interminabili jams sognanti, che troviamo spettatori incantati i giovani Josh Homme, John Garcia, Brant Bjork, ed altri futuri protagonisti della scena che più volte hanno detto di essere stati illuminati dal lavoro degli Yawning Man.
Malgrado sia evidente che nella seconda metà degli eightees, dominata da espressioni rock ben diverse da questa, fosse improbo imporre uno stile così rarefatto e lunare, sorprende comunque constatare che il gruppo statunitense non abbia pubblicato nulla più che un paio di demo e che quindi il presente “Rock formations” rappresenti il debutto di una band che esiste da quasi vent’anni.
Oggi non partecipa più Larry ed i brani dell’album, interamente strumentale, tengono ovviamente conto dei moderni sviluppi del filone, vedi ad esempio Orquesta del Desierto o le Desert Sessions, ma l’originario spirito improvvisativo e gentilmente psichedelico è rimasto immutato. Una musica nella quale confluiscono elementi legati anche ad una particolare filosofia, ad una precisa predisposizione mentale, perfino a singolari connotati geografici, quindi un crocevia di ambient music rilassante, hypno-rock leggiadro, acid-surf, derive acustiche southern-folk, stoner assolato e magnetico, con l’aggiunta di una spolverata di atmosfera western come poteva esserlo quella delle colonne sonore di Moricone.
Il dettaglio delle singole canzoni è ininfluente, anzi il disco dev’essere considerato un’unica struttura, un flusso vellutato che scorre placido e sinuoso scaturito da chi ha sperimentato di persona il pigro ma intenso ciclo della vita nel deserto. Suoni ariosi, liberi, cristallini, sui quali sbizzarrire la fantasia e soprattutto sognare, tenuti per mano dalla cascata di note adamantine della chitarra di Arce e da una sezione ritmica elasticamente sopraffina. Disco indispensabile per il popolo dei kyussiani e dell’universo che ruota intorno al Rancho de la Luna, ma anche per chi ama le cavalcate a briglia sciolta di Colur Haze, Rotor, Los Natas, pur se gli Yawning Man aggirano quei nervosismi “cosmici” presenti nell’espressione europea della materia.
Per capire invece quanta influenza ha avuto questa band sulla nascita del desert-sound e, ma sì diciamolo!, sullo stoner-rock, occorre attendere l’uscita prevista per fine anno di “The birth of Sol music”, doppio antologico che conterrà l’intera produzione ottantiana degli Yawning Man, compresa la versione originale di quella “Catamaran” coverizzata dai Kyuss sul famoso “And the circus leaves town”.
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