"Fist Of Steel" è il primo capitolo di una trilogia ad opera del tastierista/compositore
Gabriels, personaggio che già da qualche anno calca la scena musicale metallica nostrana (per il ricco curriculum rimando alla pagina ufficiale dell'artista). Il concept è liberamente tratto dall'anime
"Hokuto no Ken", intreccio nipponico molto noto in patria che inizia con il rapimento (e omicidio?) della fidanzata del protagonista. Se vi state chiedendo se ci troviamo davanti all'ennesimo lavoro con mille cantanti, mille musicisti, a metà strada tra il musical, gli Ayreon (e i suoi figli più o meno legittimi) e chi più ne ha più ne metta, rompiamo subito gli indugi dicendo "sì". Musicalmente la direzione è quella di un ibrido tra power metal e hard rock anni Ottanta, più vicino forse all'esperienza di Genius di
Daniele Liverani (guarda caso un'altra trilogia) che non al teutonico Avantasia.
Già dalla prima traccia
"Fist Of Steel", oggettivamente un buon inizio, traiamo elementi che verranno utili per tutti i minuti a venire, in particolare uno stile compositivo inattaccabile ma davvero troppo derivativo e, soprattutto, una produzione non all'altezza del mercato odierno e dell'indubbio lavoro svolto da
Gabriels e soci. La successiva
"She's Mine" conferma quanto appena evidenziato, un'ordinaria traccia power con l'aggravante di un ritornello davvero banale. I tre brani che seguono continuano sulla stessa linea, tra alti e bassi (il bel refrain di
"Seven Stars" viene annientato dalle "trite e ritrite" cavalcate chitarristiche tipicamente maideniane di
"A New Beginning") prima dell'immancabile ed epica "suicide ballad" intitolata
"Break Me".
"My Advance" spinge sull'acceleratore (e sui genitali del cantante, davvero "impiccato" nella strofa) prima di
"To Love, Ever Invain", un altro lento che vira verso il musical, ben riuscito ma che sa troppo di finale. E al finale non manca poco.
"Sacrifice" ha nelle parti strumentali dispari l'unico vero motivo d'interesse, così come
"Revenge Invain" potrebbe risollevare le sorti dell'album con il suo ottimo ritornello che però viene riproposto innumerevoli volte e alla fine stanca. I nove minuti e mezzo della conclusiva
"Decide Your Destiny" nulla aggiungono e nulla tolgono a quanto fino a qui ascoltato.
"É un mondo difficile" diceva quello. In un'epoca in cui dischi di questo tipo sono molto inflazionati, non è facile uscire allo scoperto senza assumersi qualche rischio. Se un lavoro così fosse stato pubblicato una decina di anni fa qualche "ingenuità" di scrittura e di produzione avrebbe inciso di meno sulla valutazione finale. Preciso: il disco sicuramente non brilla per originalità ma scorre "benino" per chi sa apprezzare certe sonorità ed è per questo che la sufficienza è dovuta. Confidiamo nelle prossime uscite e consiglio a
Gabriels di concentrarsi prima di tutto sulla produzione: con suoni così nel 2016 non credo si vada tanto lontano...
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