Lo ammetto candidamente: io non ci speravo più. Dopo aver rovinato il mio disco di "The Blue" a furia di macinare ascolti su ascolti, dopo averli attesi invano per anni, le mie speranze di riascoltare un lavoro dei
Novembre iniziavano ad affievolirsi sempre di più. Le parole degli Orlando, l'abbandono di Giuseppe..tutto lasciava pensare ad un addio definitivo di una delle band più influenti del panorama gothic/doom mondiale.
E fino ad oggi, fino a che le mie orecchie non hanno avuto il privilegio di ascoltare le prime note di "
URSA", il mio cervello non riusciva ancora a elaborare appieno il fatto che
Carmelo Orlando e i Novembre fossero tornati. Davvero tornati. Diciamo che anche il fatto che sia il 1 Aprile non ha aiutato a metabolizzare la cosa, ma per il sottoscritto poter ascoltare 65 minuti di puro piacere musicale è stato davvero, davvero emozionante.
E di emozioni i Novembre se ne intendono, eccome. E' una parola che ritornerà spesso all'interno di questa recensione. D'altronde ogni secondo di ogni loro disco, e "URSA" non fa certo eccezione, è un coacervo di emozioni pure, a volte incontrollate, a volte contrastanti e antitetiche, ma sempre rivolte a provocare un qualche genere di scompenso nel cuore e nel cervello dell'ascoltatore. C'è una raffinatezza negli arrangiamenti, una cura nei brani, una classe che al mondo solo pochi riescono innanzitutto ad avere e, soprattutto, a mantenere intatta e addirittura crescente nel corso degli anni.
Mentre scrivo queste parole, proprio "
Annoluce" sta passando in sottofondo. Mi sembra la canzone adatta a descrivere la distanza siderale che sembrano aver attraversato i Nostri per produrre questo nuovo disco, distanza che ha mietuto vittime illustri, Giuseppe Orlando su tutti. Non è mai facile ripartire quando un pezzo grosso, in questo caso enorme, della band lascia. Qui però il lavoro di "rimpiazzo", se così vogliamo dire senza sminuire nessuno, è stato eccellente:
David Folchitto, già batterista di innumerevoli band nostrane, Stormlord su tutti, è il perfetto innesto in un sistema già ben collaudato e oliato, riuscendo ad amalgamarsi grandiosamente anche con l'altro nuovo ingranaggio del motore Novembre,
Fabio Fraschini, col quale forma una nuova sezione ritmica stupefacente per livello di coesione.
Qui intanto siamo passati ad "
Agathae", forse il pezzo più eclettico del disco, in grado di passare con estrema nonchalance dal doom al death, passando per una fase centrale che non esito a definire quasi "rustica". Un saliscendi di emozioni, come già pre-annunciato, che non riesce in alcun modo a lasciare indifferenti, che non può lasciare indifferenti.
I Novembre toccano le corde dell'anima e ci riescono con una facilità a tratti disarmante, lasciando chi ascolta totalmente inerme, in balia di un tornado emotivo che non lascia scampo.
E lo fanno con brani dalle atmosfere sicuramente pesanti, lugubri, rarefatte e plumbee, sensazioni esaltate dal classico doppio cantato, qui assurto a livello della quasi perfezione stilistica. Lo fanno con brani lunghi, in particolare il poker finale, che non riescono mai ad annoiare, perchè pregni di una magia difficilmente descrivibile, oltre che di tecnica sopraffina. Lo fanno con brani non semplici, mai immediati, più intimistici rispetto al passato e più ricercati, dove lo spazio riservato alla melodia nuda e cruda è davvero risicato.
Il brano più accessibile è senza dubbio "
Umana", primo assaggio del disco offertoci qualche settimana fa. Accessibile ma non semplice, quello mai, piuttosto meno adombrato, più luminoso e riconoscibile, grazie ad un uso pratico ma non banale della componente melodica, in particolare nell'antemico ritornello. A mio parere, resta anche la punta di diamante di "URSA", assieme alla già citata "Agathae" e ad "
Australis", perfetta nello svolgere in maniera certosina il criticissimo ruolo di opener di un disco atteso quasi un decennio.
Un disco che è fondamentalmente un saliscendi di parti più morbide affiancate ad altre decisamente più graffianti e crudeli, con tratti totalmente inaspettati (il sassofono sul finale di "
Oceans of Afternoons", le cantilene quasi arabeggianti in "
Bremen"), in una dimostrazione lampante del fatto che i Novembre sono (anche) una band dalla spiccata sensibilità prog.
Insomma, in "
URSA" c'è tutto quello che vi potreste aspettare dai
Novembre e, forse, anche un pizzico in più. E' un disco che ci ha fatto penare nell'attesa, ma che per giusto contrappasso ci regala emozioni nuove, uniche, bellissime, oltre a riportarci nella mente e nel cuore quelle già vissute nei vent'anni passati. Perchè i Novembre, al di là di ogni possibile etichetta di genere, sono emozione pura e noi tutti possiamo solo essergli grati per questo.
Quoth the Raven, Nevermore..