Tornano i pazzoidi americani
Cephalic Carnage giunti oramai al loro terzo album. Dicendovi che incidono per la Relapse records forse basterebbe a farvi capire cosa dovete aspettarvi da questo disco. Il loro precedente “
Exploting Dysfunction” era davvero un capolavoro nel quale la ferocia del grindcore più forsennato si univa alla brutalità del death metal più malato e deviato. Il platter era arricchito da tutta una serie di altre influenze che portarono i
Cephalic Carnage a definirsi “hydro-grind”. Hydro per via dei numerosi e azzeccatissimi stacchi fusion-jazz che diluivano le song rendendole dilatate e appunto liquide. Insomma i nostri tennero fede al loro moniker e con quel disco fecero una vera e propria carneficina cefalica.
Il nuovo “
Lucid Interval” riparte da dove li avevamo lasciati anche se devo dire che la componente “liquida” è diminuita ma non a scapito della varietà del disco. Questo è molto importante perché 53 minuti di ultra-grindcore sarebbero stati troppi per chiunque. Le songs si alternano in maniera letteralmente sistematica tra pezzi lunghi e schegge cortissime. Come dicevo le accelerazioni grind sono davvero irresistibili e sfidano i limiti umani con un drumming al fulmicotone ma umano che vi devasterà le orecchie e non solo. Il tutto è supportato da un growling veramente buono e a tratti inintelligibile che fa tanto brutal. Ma le songs sono varie ed allora ecco i celebri stacchi fusion nei quali la musica ha decelerazioni talmente slow da far impallidire una lumaca ma anche una buona carica thrashy e riffs a volte talmente pachidermici da richiamare alla mente vibrazioni doom e stoner talmente acide da corrodere il cervello col loro sabbatismo esasperato. Il discriminante che rende grandiosi nostri è una tecnica invidiabile che permette a questi yankees di giocare con controtempi e tempi dispari con estrema facilità. Insomma ascoltare la carneficina cefalica è come andare sulle montagne russe. Da zero a mille andata e ritorno si potrebbe azzardare.
Pezzi come “
Anthro-Emesis”, “
Pseudo” o “
Rebellion” vi accecheranno con la loro furia e manderanno il vostro cervello in tilt e poi lo finiranno portandolo sull’orlo della follia con rallentamenti improvvisi e stimolazioni alienanti ed estranianti che il cervello stenterà a riconoscere. Vi sembrerà di essere stati rinchiusi in una stanza stroboscopica per ore dalla quale emergerete come dei sopravvissuti al “day-after” di una tremenda esplosione nucleare.
Interessantissimo è l’esperimento della ghost-track conclusiva del disco che consiste in una lunga digressione strumentale e lisergica che si snoda tra jazz, rock, fusion, acustica e vibrazioni noisy acide e visionarie, sabbatiche oserei dire. Il colpo finale.
Da rimarcare inoltre l’aspetto concettuale della cosa. I testi sono davvero una delle cose più belle di questo disco spaziando su tutta una varietà di temi estremamente attuali oggi ma per nulla banali e osservati da un punto di vista oserei dire anarchico. Feroce è la critica al sistema americano ma ce n’è anche per gli antichi romani e loro perversioni sessuali…
Essere brutali, intelligenti, complessi, tecnici, schizoidi e riuscire a fare male all’ascoltatore senza risultare pallosi o pretenziosi è una dote non da tutti e alla Relapse ne sanno qualcosa. Da avere assolutamente.
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