Onestamente faccio un po’ fatica a capacitarmi del fatto che un gruppo come i
Real Illusion abbia dovuto attendere una quindicina d’anni per arrivare all’agognato debutto discografico, ma è anche plausibile che tutto questo tempo sia stato propedeutico al conseguimento dei presupposti artistici necessari a realizzare un esordio così suggestivo e convincente.
Il quintetto veneto suona un
hard-prog "metallizzato" e non tenterò di convincervi che lo fa in maniera straordinariamente originale o “rivoluzionaria”, mentre m’impegnerò strenuamente nel persuadervi che, nonostante questo “limite”, la
band ha tutti i mezzi indispensabili per distinguersi, anche in un panorama musicale costipato e schizofrenico come quello attuale.
Il “segreto” sta tutto nella capacità di scrivere belle “canzoni”, mescolando influenze e citazioni con gusto innato, senza renderle mai ingombranti o eccessivamente sfacciate.
Il resto lo fanno un’adeguata preparazione tecnica e, da considerare alla stregua di un consistente valore aggiunto, un cantante,
Manuel Fabi, ricco di temperamento, capace di sfruttare le frequenze basse della sua fascinosa gamma timbrica e di illuminare di
feeling e di trasporto emotivo interpretazioni sempre centrate e disinvolte.
E allora, se apprezzate Deep Purple, Kansas, Saracen e Uriah Heep, se vi piacciono le voci piene e profonde (a tratti mi ha ricordato l’approccio alla materia fonatoria di un
Gianni Nepi … un “complimentone” per quanto mi riguarda …) e le melodie incisive ed eleganti, dovete assolutamente prendere contatto quanto prima con questo “
Impheria”, un ascolto assai gradevole dalla prima all’ultima nota.
Evitando tecnicismi esasperati o soluzioni compositive “scioccanti”, il
Cd ostenta tutte le sue importanti qualità fin dal brano “manifesto” “
Real illusion”, un evocativo numero di
epic-pomp-rock, per proseguire gestendo con misura i bagliori Dream Theater-
iani di “
Master of the twilight” e aggiungendo all’impasto raffinate sfumature
neoclassiche nella successiva “
Wandering”.
Con “
Another day another stone” si palesa il lato più sentimentale e “ruffiano” della formazione veronese, il
riffone di “
Out of my life” svela una condivisibile passione per la
NWOBHM e “
Living after death”, impreziosita dall’ottima prova dell’ospite
Jessica Passilongo, riesce nell’impresa di mescolare forza espressiva e romanticismo, senza cadere nella stucchevolezza e nella banalità di tanti similari duetti vocali.
Dopo le buone “
My faded angel” e “
Burning”, tocca a una cangiante
title-track, gravida di atmosfere enfatiche e brumose (una sorta di Rainbow
R.J. Dio-era in versione
prog …), concludere doverosamente un albo che non deluderà chi, amando il genere, cerca l’intensità delle sensazioni e non la loro unicità.
Chi la dura la vince …
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