I
Brain Tentacles hanno qualcosa di dadaista nella proposta musicale. Dicono di fare
“jazz metallico” (e forse è vero), ma in questo debutto io ci ho sentito molto di quel prog avanguardistico/RIO volutamente spigoloso alla Soft Machine (in alcuni momenti sembra proprio di sentire il sax di
Elton Dean) e, perché no, degli Area più intransigenti (anche se, a ben pensarci, non penso che siano mai esistiti degli Area “meno” intransigenti).
La logica delle composizioni di
“Brain Tentacles” non è stringente (del resto
“tutto è Dada”), prevalgono i brani brevi frutto di “intuizioni” più o meno melodiche (
“Fruitcake”, “Hand Of God”, la lenta e psichedelica
“Fata Morgana”) o le tracce (poco) cantate dal gusto estremo e malato (
“The Spoiler”, “The Sadist”, “Peace In War”) a discapito di quelli lunghi (che, a dirla tutta, sono lunghi per modo dire, come la conclusiva
“Palantine”, con una discutibilissima coda parlata/dialogica di matrice “nonsense” dalla durata indubbiamente eccessiva). Fa un po' storia a sé
"Gassed", traccia recitata che ha un che di cabarettistico. La performance strumentale è sicuramente sopra la media (i membri del combo non sono degli sprovveduti e hanno un pedigree di tutto rispetto), ma è l’approccio totalmente
free a rendere (inutilmente?) pesante l’ascolto.
Se voglio ascoltare del metal “ibrido” con il sax continuo a preferire gli Shining di
Jørgen Munkeby, se voglio ascoltare del jazz-rock probabilmente mi butto sulla Mahavishnu Orchestra o sui Return To Forever, se voglio ascoltare della fusion grintosa e “autoironica” i The Aristocrats non hanno rivali. Purtroppo a scuola mi hanno insegnato che
“Dada non significa nulla”. Che delusione.
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