Copertina 7

Info

Anno di uscita:2016
Durata:56 min.
Etichetta:Playfalse Records

Tracklist

  1. INSERTION
  2. FIRE RED GLASS HEART
  3. THE ELECTRIC SUN
  4. SELF DESTRUCTIVE HAZE
  5. THREAD OF LIFE
  6. CONCENTRIC WAVES
  7. TRIANGULATION THROUGH IMPASSE
  8. SAVIOR COMPLEX
  9. ECHOES 213
  10. CHRONICITY

Line up

  • Steve L.: guitar
  • Nick A.: drums
  • Kornilious K.: bass
  • Petros N.: guitar
  • Manthos S.: vocals, guitar

Voto medio utenti

È con un copertina molto attraente che potrebbe ricordare “In The Court Of The Crimson King” in versione “2.0” che i greci Tardive Dyskinesia ci presentano il loro quarto full-length “Harmonic Confusion”.

Siamo al cospetto dell’ennesima band difficilmente collocabile, a cavallo tra prog, alternative, post, djent e chi più ne ha più ne metta. Alle melodie “canoniche” vengono preferiti i cantati di stampo core, aspetto che rende il tutto un po’ più ostico, ma non per questo meno affascinante.

Si comincia con “Insertion”, breve brano strumentale dal gusto progressivo ma grintoso, prima della più elaborata e massiccia “Fire Red Glass Heart”, dove si alternano vocals pulite e urlate. In "The Electric Sun" c'è spazio per ritmiche serrate e inaspettate aperture melodiche, mentre la claustrofobica "Self Destructive Haze" prelude al pezzo forte dell'album, dove un tapping dal sapore Eighties da' il via a una serie di cambi di registro e di dinamica che rendono "Thread Of Life" il brano più complesso e paradossalmente più scorrevole tra quelli finora proposti. I connotati alternative caratterizzano "Concentric Waves", mentre "Triangulation Through Impasse" è ruffiana al punto giusto, tanto da spingere anche all'headbanging in alcuni momenti. "Savior Complex" sorprende per l'assolo dal sound fusion (le chitarre sembrano emulare un sax) e "Echoes 213" rimanda a certe cose dei Pain Of Salvation del periodo "Entropia". Chiude il lavoro "Chronicity", altro brano strumentale che risulta più lineare rispetto all'introduttiva "Insertion".

Una prova discreta, non impeccabile dal punto di vista della produzione (anche se c’è lo zampino di Jens Bogren), ma molto “suonata” e appassionata. Un possibile approdo per i più temerari…
Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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