"Troppe note!", disse l’imperatore Giuseppe II al giovane Mozart alla prima dell’opera
“Il Ratto Nel Serraglio”.
"Neanche una più del necessario, Maestà!" replicò il compositore, probabilmente offeso dal nobile giudizio.
Storia o leggenda che sia, questa vicenda ha a suo modo a che fare con l’ascolto di questo
“Aural Kaleidoscopes”, un concentrato di tech/extreme death metal interamente strumentale dall’impatto devastante. In poco più di mezz’ora gli
Invoking The Abstract, rispetto ai connazionali (e in parte affini) Vektor, ci offrono una produzione un po’ meno secca e una performance complessivamente più “umana”, nonostante l’impressionante quantitativo di note cui le nostre orecchie vengono sottoposte.
A dispetto dell’indubbia coerenza della proposta, inoltre, questi quattro ragazzi del South Carolina riescono anche a concedersi qualche (rarissimo) momento di svago. Ecco allora che percepiamo uno sgangherato
Pat Metheny in
“Sensory Substitution”, accenni fusion in
“The Summit”, momenti djent in
“Mandatory Metamorphasis”, sonorità ambient in
“Afterglow Eclipse” e inserti di musica concreta/industrial nell’outro
“Disharmonic Design”. Ovviamente non mancano tracce violentissime come la titletrack, l’introduttiva
“Locus” o
“Celestial Born”, in grado di impressionare anche l’ascoltatore più avvezzo a certi virtuosismi.
Alla luce di tutto ciò, mi sento di dire che questo album ha un suo perché e, seppur non facile da digerire (riconosco però che la breve durata aiuta), non faticherà a trovare seguaci. Sapete a cosa andate incontro, a voi decidere se stare con Mozart o con Giuseppe II…
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