Dono della sintesi e melodie più ficcanti: solo questo manca ai
Wedingoth per trovare la quadratura del cerchio.
"Alone In The Crowd" è un concept (tematicamente non troppo originale) sui sentimenti di un essere umano in seguito a uno shock emotivo musicalmente a cavallo tra progressive rock/metal, gothic e melodramma (che traspare nelle orchestrazioni e nell'uso misurato dell'elettronica).
Dopo una brevissima overture sinfonica/elettronica, con la titletrack entriamo a capofitto nell'universo sonoro della band, fatto di goth/prog metal, linee vocali non entusiasmanti, arrangiamenti equilibrati ma prolissi.
"When The World Collapses" pone l'accento sulla componente epica ed heavy della proposta, con un intermezzo di ispirazione Seventies dalle tinte teatrali.
"The Painter" è una traccia lineare e orecchiabile, piacevole ma niente di più, con un break strumentale prettamente progressivo, e fa il paio con la successiva
"Evolat", terzinato folk/bucolico di memoria opethiana.
"Sing The Pain" profuma di Strawbs e di Barclay James Harvest, e prelude all'elaborata
"Beyond Their Lies": incipit sabbathiano, sviluppo più grintoso, buone aperture melodiche, interludio indemoniato ed estenuante prima della ripresa finale. La conclusione è affidata ad
"Alone In The Crowd, Part II", dove l'introduzione "scippata" a Yes e Pink Floyd sfocia in un ostinato pianistico di scuola emersoniana prima della deriva dream-theateriana (e siamo solo all'inizio); l'evoluzione ricorda gli Ayreon più recenti, così come l'intermezzo sinfonico, prima della coda finale (che mi è sembrata del tutto superflua).
Di solito il lupo perde il pelo ma non il vizio: riusciranno i
Wedingoth a convincere appieno con la prossima release? Noi li aspettiamo al varco...
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