Ricordo ancora con
rabbia le sensazioni suscitate da
“Blackfield IV”, un album senza apporto diretto di
Steven Wilson, breve, insipido, poco ispirato, completamente in contrasto con i tre (se non ottimi, molto buoni) capitoli precedenti.
Ma ecco che avviene il miracolo e
Steven Wilson torna sui suoi passi per dare quella dimensione “tutta sua” alle composizioni di
Aviv Geffen (perché diciamocelo, i brani sono firmati dall’artista israeliano) e ricreare con maestria e con un pizzico di nostalgia la magia degli esordi (c’è pure lo zampino di
Alan Parsons, ma francamente non mi è sembrato tanto determinante).
“A Drop In The Ocean” è uno struggente intro dal carattere mahleriano lasciato alla
London Session Orchestra, cui attacca subito
“Family Man”, un 7/4 pieno di groove dove l’elettricità si bilancia perfettamente con la dimensione sinfonica del pezzo. Con
“How Was Your Ride?” tornano alla mente i primi lavori dei
Blackfield, quelli carichi di
“mal de vivre” (come lo ha definito lo stesso
Geffen), mentre è con
“We’ll Never Be Apart” (brano dai caratteristici tratti mainstream, curiosamente ancora in 7) che sentiamo per la prima volta l’ugola dell’autore principale. L’acustica e sconfortante
“Sorrys” prelude alla semplice ma superbamente arrangiata
"Life Is An Ocean”, prima della radiofonica e drittissima
“Lately” (cantata con la brava
Alex Moshe).
“October” presenta i caratteri più teatrali del songbook di
Freddie Mercury (merito del pianoforte in evidenza?) e sfocia nella blueseggiante (e ritmicamente “storta”)
“The Jackal”. L’inaspettata traccia strumentale
“Salt Water”, dal carattere quasi opethiano per gusto e armonie, anticipa la più pop
“Undecover Heart”, dove la strofa risulta più riuscita del ritornello (troppo Eighties).
“Lonely Soul” è un’altra sorpresa, un episodio a cavallo tra Massive Attack, Enigma e Moby, dove torna protagonista
Alex Moshe.
"From 44 To 48" suona molto primi Porcupine Tree (e guarda caso è l’unico brano firmato da
Wilson), quelli meno lisergici di
“Up The Downstair” e
“On The Sunday Of Life…”.
“Blackfield V” è tutto quello che ci si aspetterebbe da un disco del duo: brani brevi, ottimamente arrangiati, con melodie morbide e ficcanti. Ben tornati
Blackfield!
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