Terzo album e terzo cambio di etichetta (ora
Inner Wound Recordings) per i nostrani
Wind Rose, collettivo dedito a un power/folk/symphonic metal ispirato tanto dall'epica morriconiana quanto da band più "tradizionali" del calibro di Finntroll, Wintersun e Blind Guardian.
L'originale mix è indiscutibilmente riuscito, grazie anche alla produzione pulita del sempre ottimo
Simone Mularoni (DGM, Secret Sphere). Per quanto riguarda il songwriting, invece, penso che ci sia ancora qualche (piccolo) margine di miglioramento. Non che i brani non siano scritti bene, tutt'altro, ma tendono ad assomigliarsi un po' tutti per soluzioni e arrangiamenti, con una coerenza che rischia talvolta di sfociare nella ripetitività.
La battagliera
"Distant Battlefields", con il violino protagonista, sfocia in
"Dance Of Fire", brano sfaccettato a metà strada tra power e folk, impreziosito dall'ottima performance di
Cavalieri e dalle orchestrazioni azzeccate e mai invadenti di scuola "spaghetti western". Sulla stessa lunghezza d'onda si muove
"Under The Stone", con il suo piglio un po' "pirate metal", prima di
"To Erebor", vero e proprio tributo alle colonne sonore "del genere", da
"Braveheart" a
"How To Train Your Dragon".
"The Returning Race" si distingue per gli ottimi intrecci chitarristici dell'incipit, mentre la breve e strumentale
"The Animist" prelude alla più teutonica (leggasi Blind Guardian)
"The Wolves' Call", con il suo
importante range dinamico che va dall'acustico al blast beat.
"Fallen Timbers" ha qualcosa di progressivo nella struttura e nella scelta timbrica (c'è qualche tastiera in più) e ci conduce alla conclusiva
"The Eyes Of The Mountain", brano che con i suoi pregevoli contrappunti vocali e con l'inaspettata coda corale/strumentale rievoca le sonorità dei Rhapsody "de 'na vorta".
Ascolto consigliato? Sicuramente sì...
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