C'era molta curiosità intorno a questi
Arcadea, super-trio capitanato dal batterista dei Mastodon
Brann Dailor. Il synth rock immaginato dalla band trova compimento in questo full-length omonimo, concept ambientato nell'apocalittico futuro della Via Lattea tra cinque miliardi di anni.
Già in
"Army Of Electrons" il drumming di
Dailor fornisce una dimensione "umana" a una proposta complessivamente abbastanza lineare - i brani raramente superano i quattro minuti - e canonica, se non per le timbriche sintetiche di
Atmos e
Amlani. L'electro-punk di
"Gas Giant" anticipa la caotica
"Rings Of Saturn", dove le tastiere arrivano idealmente a sostituire le chitarre in modo chiaro e inequivocabile. Le atmosfere si fanno più propriamente psych/spacey - merito anche del vocoder - con la buona
"Neptune Moons", prima di
"Infinite End", che ricorda una versione lisergica e "malata" del synth-pop degli Eurythmics.
"Electromagnetic" è troppo concitata per poter apprezzare appieno i sintetizzatori, mentre
"Motion Of Planets" è più equilibrata, grooveggiante e dalle tinte crossover. Gli scenari kraut in contrasto con la densissima tessitura batteristica di
"The Pull Of Invisible Strings" sfociano nella riuscita
"Through The Eyes Of Pisces", dove la sensibilità melodica dei Daft Punk incontra i Kraftwerk dei primi anni. La brevissima
"Worlds Can Go On" prelude alla lunga
"Magnificent Facade", monotona sia sul fronte delle linee vocali che nelle parti strumentali, nonostante qualche interessante idea di matrice pinkfloydiana.
Un esperimento affascinante, senza dubbio, ma non perfettamente riuscito.
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