L'Islanda è un paese dalla terribile bellezza.
Esattamente la stessa che caratterizza
"Farvegir Fyrndar" il secondo album per
Auðn.
Black Metal attento alla componente melodica ed atmosferica, feroce, malinconico, spietato e bellissimo: proprio come la nazione di provenienza di questo quintetto che ha saputo guardare alle origini del genere, non è un caso che il titolo dell'album voglia dire "antichi alvei", e ne ha colto il gelo ed il fascino riuscendo a scrivere una manciata di brani che coagulano, in un flusso costante di emozione, dolcezza e furia come se un vento lacerante, di tanto in tanto, lasciasse spazio a brevi sprazzi di luce calda ed accogliente.
La musica del gruppo di Hveragerði, paese nel sud ovest dell'Islanda, si trova nello stesso "settore" di magnifici cantori della natura e della sua potenza quali Winterfylleth, Wodensthrone (purtroppo sciolti) o Primordial e se, come credo sia chiaro, non può contare sulla originalità, può, invece, farsi forte di una dirompente capacità di commuovere che solo certo tipo di musica estrema, a mio avviso, possiede con tanta vivida chiarezza.
"Farvegir Fyrndar", album che viene pubblicato dalla sempre attenta
Season of Mist, è, dunque, un concentrato di emozioni, è un lavoro ricco di pregevoli spunti melodici che fanno da contraltare ai ritmi forsennati del puro black metal ed alle vocals disperate e sprezzanti di
Hjalti Sveinsson, è un lavoro pagano, legato alla natura islandese e velato di una patina di malinconia irresistibile che trova in novembre il mese più adatto per accoglierlo e per capirne lo spirito puro e sognante.
Questa, signori miei, è la poesia del gelido inverno e delle sue meraviglie: non trascurate, vi prego, un album tanto possente nella sua terrificante grazia.
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