Nell'eventualità di una loro affermazione su vasta scala, credo che nessuno potrà accusare i Laruso di aver puntato in modo esplicito sull'aspetto estetico della copertina del loro disco d'esordio o su particolari doti d'attrattiva del monicker scelto.
Entrambi sono, infatti, assolutamente anonimi e stridono in modo abbastanza evidente con le velleità artistiche dei nostri britannici che tentano, per la loro esibizione, l'accidentata strada del crossover, mescolando innanzi tutto alternative rock e nu-metal, irrorato da leggeri fiotti di emo-core.
L'accostamento dei fondamentali Faith No More ad Ill Nino, Linkin Park, Lost Prophets, Incubus e Glassjaw, tanto per capirci, risulta anche discretamente riuscito e il duo d'apertura "Bring it on" e "Same", assieme al mainstream alt-rock ruffiano dagli strappi scremo "Nothing left", al groove parecchio coinvolgente di "Under" e, soprattutto, al crescendo emotivo di "Follow", che passa da situazioni melodiche ad altre maggiormente aggressive, per poi concludersi nuovamente nell'intimismo evocato dalle parole "sickness and silence" ripetute nella parte finale del brano, faceva davvero ben sperare, purtroppo, però, altrove le qualità dei Laruso vengono limitate dall'utilizzo di soluzioni leggermente confuse e disomogenee (nel tentativo forse un po' "da furbetti" di far convivere tante diverse tendenze in modo da accontentare il numero maggiore d'ascoltatori possibile, nella più classica delle operazioni di "cerchiobottismo" musicale) o eccessivamente inflazionate e citazionistiche.
E' il caso di "Falling apart" e "Cut out" complessivamente due tracce non male, ma molto "sentite", di "The end", fantasiosa e "adeguatamente" folle, ma senza (anche se sembra un paradosso) la necessaria "messa a fuoco", della vigoria sbilenca di "Contagious (here it comes)", che si riscatta con un sufficientemente piacevole ritornello, mentre peggio di tutte fa "Over again", dove lo spettro dei Faith No More (comunque "aleggiante" abbastanza spesso) appare fin troppo evidente in una canzone (ed è quel che più conta) assai deboluccia.
Rimane da commentare "Sorry now", un brano eseguito solo da chitarra acustica e voce, alquanto gradevole, ma un po' avulso dal contesto generale.
In conclusione, dopo aver elogiato la poliedricità del singer Jason Abel, capace di passare dagli urli ai sussurri con buone facoltà interpretative, all'inseguimento (per ora da lontano) della genialità schizofrenica del camaleonte per eccellenza Mike Patton, non possiamo che definire i Laruso come una band di valore, che nei momenti migliori dimostra personalità e scelte compositive intelligenti ed estrose, piuttosto confortanti per uno sviluppo futuro.
Stiamo parlando di un debutto, per il quale questa "intermittenza" è anche giustificabile e il superamento della quale potrà permettere ai nostri di fare quel passo in avanti necessario ad emergere dal trend imperante di queste sonorità. La speranza è che si tratti, quindi, solamente di una questione di tempo.
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