Quindici anni: tanto hanno dovuto attendere i fan degli statunitensi
Sleep per ascoltare della nuova musica da parte della band, esclusione fatta per il singolo "The Clarity" uscito estemporaneamente l'anno scorso. Quindici anni in cui i vari membri del gruppo si sono occupati dei rispettivi progetti, chi con gli
OM, chi con gli
High On Fire. Poi dal nulla il 20 aprile l'annuncio: il nuovo album
"The Sciences" è uscito!
Inutile dire che la ricerca sui vari servizi di streaming è stata immediata, e con sommo godimento mi sento di poter sentenziare che non solo è valsa la pena attendere così a lungo, ma che "The Sciences" si colloca di diritto tra i dischi più belli di questo 2018. Dopo la trascurabile intro "The Sciences", in realtà anticamera che serve a preparare l'ascoltatore a quel che verrà, il disco parte con "Marijuanaut's Theme", un brano che sin dall'inizio puzza di OM lontano un miglio e dove la voce ed l'incessante basso di Al Cisneros sono le assolute protagoniste. Il riff portante è fangoso, polveroso e tiene su il pezzo alla grande e lo rende anche abbastanza easy listening. "Sonic Titan" è una canzone invece più tipicamente Sleep, il cui riff iniziale declama amore per Tony Iommi ed i Black Sabbath, per poi prendere una piega più vicina all'approccio stile "Dopesmoker": chitarre e riff pachidermici, portati avanti allo sfinimento (con accezione positiva) quasi come un mantra, sorretti da un lavoro di basso imponente e fantasioso. Nei 12 minuti di durata il pezzo cambia pelle più volte ma rimane saldamente ancorato a tempi lenti e dilatati, e guadagna sul campo il proprio titolo. Il trip è appena iniziato, perchè la successiva "Anctarticans Thawed" si mantiene sul mood psichedelico grazie alle chitarre effettate sullo sfondo che piano piano prendono coraggio e spostano l'incedere del pezzo da trippy a un po' più sostenuto, ma senza esagerare: la voce abbandona anche quel sound simile ad un mantra sentito finora e chiaro retaggio degli OM, per riproporre quel timbro acido corrosivo presente in "Dopesmoker". 14 minuti in pieno stile Sleep. "Giza Butler" inizia con un sapore quasi orientaleggiante, a suggerire il gioco di parole del titolo che accosta piramidi e Black Sabbath, e non a caso si sviluppa con un sound ancora una volta influenzato dagli OM, mentre la finale "The Botanist" ritorna a una durata più "umana" con i suoi 6 minuti, dopo una tripletta di brani dai 10 ai 14 minuti di lunghezza: un pezzo dominato per la prima parte da un lavoro di chitarra psichedelico, con un finale in cui è invece il basso l'assoluto protagonista, in grado di fare calare la botta piano piano, gradualmente e riportarci con i piedi per terra.
Che dire infine di questo "The Sciences"? Si tratta di un lavoro che a mio avviso è la perfetta sintesi delle varie anime e declinazioni degli Sleep, in cui giocoforza sono confluite anche se altre esperienze dei singoli musicisti (come più volte sottolineato, lo spettro degli OM è più di una presenza impalpabile nell'ascolto del disco) ma nei quali è comunque riconoscibilissima l'impronta stilistica della band madre, che ancora oggi continua ad essere fonte di ispirazione per molti. Chi è stato sufficientemente svelto e furbo ad accaparrarsi un biglietto per lo show di Milano il prossimo 17 maggio, si godrà certamente uno spettacolo lisergico.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?