A cinquant’anni (appena) suonati (ebbene sì,
ahimè, ho raggiunto da poco il traguardo del mezzo secolo …) ci si può ancora emozionare come un bambino la mattina di Natale per un disco di musica
rock?
La risposta non può che essere ovviamente affermativa, e se l’artefice di tale fonte emotiva si chiama
Clif Magness e si considera il suo unico precedente da solista (“
Solo”, per l’appunto …) un gioiellino di
AOR tanto brillante quanto sottovalutato, tutta la situazione diventa ancora più appassionante.
Di
Clif potremmo anche ricordare i fasti per “intenditori” con i Planet 3 o ancora i successi “dietro le quinte”, come musicista,
songwriter e produttore (
Quincy Jones,
Avril Lavigne,
Céline Dion, Hanson,
Jessica Simpson, …), ma per chi scrive il suo nome sarà per sempre legato proprio a quel misconosciuto lavoro del 1994, scoperto per caso e capace di entrare di diritto nel novero delle perle della sua corposa (e ormai pressoché “ingestibile” …) collezione discografica.
Una categoria che da oggi si arricchisce felicemente di un nuovo elemento, dacché “
Lucky dog” si dimostra assolutamente all’altezza del suo illustre predecessore, vede la tipica sensibilità adulta del suo autore “aggiornata” senza stravolgimenti e si presenta al cospetto dell’apparato
cardio-uditivo di tutti i musicofili disseminati sul globo terracqueo con un’intensa carica espressiva, pregna di eleganza e freschezza.
Supportato in fase di scrittura da alcuni vecchi amici e collaboratori (
Jennifer Grais,
Brook Walsch, M
ark Mueller), reclutato
Josh Freese alla batteria e aiutato pure dal figlio
Evan alla chitarra,
Magness sforna un “ritorno” di grandissimo valore, da gustare senza controindicazioni fin dallo slancio euforizzante dell’atto di apertura, una “
Ain’t no way” che conquista in maniera istantanea e disinvolta.
“
Don’t look now” solleciterà i sensi degli estimatori dei Night Ranger, “
Unbroken” sfida i Chicago nel campo della
ballatona languida e magniloquente e in “
Like you” rivive la
verve e l’ispirazione del migliore
FM rock statunitense (Toto, Boston, REO Speedwagon, ...).
E sempre a proposito di potenzialità “radiofoniche”, che dire di “
Love needs a heart”? Scritto con
Sherrie Adams e interpretato con
Robin Beck (rinnovando così la
partnership di “
Love is coming”, recente
release della signora
Christian) il pezzo, non distante dalle atmosfere romantiche di certi Bad English, possiede le peculiarità per guadagnarsi un posto di rilevo in ogni
heavy rotation dotata di classe.
Il clima crepuscolare di “
Nobody but you” e la vaporosa malinconia di “
Maybe” si alternano alla vivacità vagamente Bon Jovi-
esca di “
Shout”, mentre con “
Rain” il programma svela il suo lato maggiormente introspettivo, lasciando poi che le radiose pulsazioni di “
All over my mind” e le suadenti tinte notturne di “
My heart” (qualcosa tra The Cars, Toto e Mr. Mister) rappresentino al meglio l’epilogo di un album davvero coinvolgente e vitale o, se preferite, in una sola parola, bello.
Non rimane che plaudere la
Frontiers Music per aver contribuito fattivamente a riportare sulla scena melodica, in “prima persona”, un artista straordinario come
Clif Magness, sperando, infine, che la reazione del pubblico sia tale da convincerlo a non tornare tanto presto in quella (pur assai prestigiosa e remunerativa) “ombra” che l’aveva avvolto per quasi cinque lustri.