Non dico niente di originale affermando che non c'è meritocrazia nel "music business", a maggior ragione in quella piccola porzione di musica metal a noi tanto cara. Quante band hanno "illuso" i propri fan con una o due uscite di indubbio valore all'interno di una discografia a dir poco modesta? Quante vivono di rendita e pubblicano album per "quieto vivere" delle rispettive label?
E poi ci sono quelle realtà che, nonostante una carriera impeccabile, non hanno mai veramente sfondato (soprattutto nel nostro Belpaese), ma non mollano mai, andando avanti imperterrite con serietà e professionalità. Impossibile non citare i
Kingcrow tra questi "eroi", progster attivi da oltre 20 anni che si sono guadagnati - e sudati - la propria credibilità producendo album inappuntabili e macinando concerti in lungo e in largo "all'ombra" dei più noti nomi della scena internazionale.
"The Persistence" è l'ennesima prova maiuscola di una formazione cresciuta negli anni dell'eterna (e impari) lotta a colpi di visualizzazioni su YouTube e di "Mi Piace" su Facebook che - in un mondo ideale - dovrebbe poter raggiungere quanti più ascoltatori possibile.
È progressive di classe che guarda al futuro senza rinnegare il passato, con un guest del calibro di
Daniel Gildenlöw dei
Pain Of Salvation (nella commovente
"Night's Descending"), continui rimandi all'opera omnia di
Jim Matheos (
"Everything Goes", "Every Broken Piece Of Me") e un occhio di riguardo per le più recenti leve del genere (
"Drenched" ha qualcosa dei
Caligula's Horse, mentre
"Father" profuma di
Leprous). Non mancano le sorprese - penso al groove di scuola Massive Attack in
"Closer" o alla conclusiva e dinamica
"Perfectly Imperfect", dai connotati classicamente prog che mi hanno ricordato il migliore
Tim Bowness - ma è impossibile non riconoscere in ogni singola nota del full-length la mano di
Marchesi e soci.
Cosa aspettate a farlo vostro?
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