Per arrivare ad un capolavoro discografico ci sono sostanzialmente due percorsi. Uno costituito dall'incontro di musicisti la cui alchimia permette lo scaturire di canzoni perfette già al primo colpo; di questa categoria mi vengono in mente i Cynic col loro " Focus ". L'altro, quello che personalmente preferisco, costituito da un lento ma incessante progredire, scandito anno dopo anno da dischi sempre migliori, sino ad arrivare a quella che può essere considerata la vetta massima per un artista. In questo secondo insieme si collocano, alla grandissima, gli americani Bleeding Through, sestetto deathcore che dal 2001 marca il mercato discografico con uscite sempre più convincenti, sempre più imponenti, sempre più avanti, non solo rispetto ai propri lavori precedenti ma anche rispetto a tutta la scena deathcore, metalcore e quella che negli USA hanno definito New Wave Of American Modern Metal. La band capitanata dal fenomenale vocalist Brandan Schieppati ha spinto il proprio sound talmente oltre che alle bands concorrenti non rimane altro che arrendersi ed appendere i propri strumenti al famosissimo chiodo. Tutto i particolari che hanno reso grandiosa questa band attraverso i tre precedenti full lenght, vengono riproposti in questo " The Truth " ( da segnalare l'ottima produzione di Rob Caggiano ) amplificati in maniera esponenziale; non c'è un fottuto secondo in questo disco che non abbia il delizioso sapore della perfezione. Sin dall'opener " For Love And Falling ", i sei di Orange County esibiscono uno stato di forma che ha dello strepitoso. Dopo un attacco iniziale tra hardcore e Darkane, abbiamo scariche al limite del grind, lacerate da chorus in clean vocals da applausi a scena aperta, rallentamenti sincopatici e sognanti inserti di tastiera. Un inizio da ko tecnico, ed il bello è che tutte le dodici tracce riescono a donare queste incredibili sensazioni; i Bleeding Through sanno farsi apprezzare quando calpestano le nostre orecchie ( si ascolti ad esempio " Confession ", con un cantato così pregno di crudeltà ed odio da incutere timore ), perché si comprende che non è un macinare quattro note zozze a casaccio. Ma anche nei momenti più catchy, dove sontuosi chorus dominano tutta la scena ( " Hollywood Prison " quasi pop-punk nel refrain, oppure una " Kill To Believe " da sicuro air play ), risplendendo alte nel cielo mentre sotto ad essi gli strumenti si prodigano in furiosi combattimenti, i sei risultano altamente credibili ed efficaci. Se in molti brani possiamo trovare strutture simili, ossia partenza al fulmicotone, rallentamenti e successivi chorus in clean vocals, và detto che c'è un enorme lavoro negli arrangiamenti, il che permette una giusta e doverosa diversificazione tra i brani, un pregio che non tutte le bands dedite al metalcore possiedono nel proprio songwriting. A metà disco troviamo una meravigliosa ballad, " Line In The Sand ", durante la quale la cattiveria e la rabbia vengono messe da parte, anche se la tensione rimane ugualmente tangibile. Un brano magnifico, con una prova maiuscola di Schieppati, il quale dimostra ancora una volta di non essere solo un " semplice " urlatore. Il disco prosegue nel suon cammino deciso e spietato ( sentitevi i riffs indemoniati di " Tragedy Of Empty Streets ", da rimanere a bocca aperta!!! ) chiudendosi con un brano totalmente strumentale, un delicato ed onirico componimento dal nerbo di chiaro stampo Isis, il tutto filtrato da una forte influenza spiccatamente Archive. Il disco si chiude così, agli antipodi rispetto ai primi minuti...il corpo e la mente, soprattutto quest'ultima ne escono fortemente provati ma sicuramente arricchiti, come accade sempre di fronte a dei Capolavori. Un album perfetto, un modo meraviglioso per iniziare questo 2006.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?