Ci sono voluti 8 anni per poter ascoltare un nuovo album dei
Seventh Wonder. Troppi? Probabilmente sì...
Non fraintendetemi,
"Tiara" è tutto fuorché un brutto album, ma un po' deludente per il sottoscritto lo è stato in quanto "solo" un altro buon lavoro dell'amata band svedese, qualitativamente allineato con gli ottimi - e ormai vecchiotti -
"Mercy Falls" e
"The Great Escape".
La struttura dell'album avvicina l'opera a una performance live, aspetto interessante anche se non particolarmente originale. Si comincia infatti con un preludio epico e sinfonico che rievoca l'ingresso della band sul palco (
"Arrival") per concludere con un lungo brano di quasi 10 minuti di puro
"Seventh Wonder sound" dove ciascun musicista riesce a ritagliarsi un proprio spazio solistico (
"Exhale").
Gli episodi degni di nota ovviamente non mancano: si va dal gustoso power-prog elaborato di
"The Everones" alla sfaccettata
"Against The Grain" (che sembra provenire dalle session del sopraccitato
"Mercy Falls"), dalle radiofoniche
"Victorious" e
"By The Light Of The Funeral Pyres" (di chiara ispirazione 80s) alle architetture più propriamente progressive della tripartita
"Farewell" - un po'
Dream Theater, un po'
Symphony X e un po'
Meat Loaf nei momenti piano/voce - e della splendida
"The Truth", vera sorpresa del (lungo) full-length con il suo arrangiamento essenziale costruito intorno al basso di
Andreas Blomqvist e a discapito delle chitarre, quasi del tutto assenti.
Tommy Karevik è sempre impressionante, anche se non viene valorizzato a dovere a causa di una produzione - a mio avviso - migliorabile ed eccessivamente "gonfia".
Un buon ritorno, ma - per quanto mi riguarda - non il preannunciato capolavoro che i fan della band stavano attendendo da tempo.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?