Non conoscevo i
VOLA, ma il fatto che fossero una band del roster
Mascot Label Group faceva ben sperare. E chi sono io per negare una possibilità a una band giovane e - almeno a giudicare dal web - molto chiacchierata?
Eccomi allora qui a recensire l'ultimo
"Applause Of A Distant Crowd", lavoro convincente sotto molteplici punti di vista. Innanzitutto i danesi sono artefici di un sound fresco, difficile da inquadrare, ricco di elementi ma comunque "essenziale" (i brani raramente superano i 4 minuti di durata) - tutti sintomi di un approccio moderno alla materia musicale.
La proposta è intrigante e sfaccettata già dai primi minuti di
"We Are Thin Air", a cavallo tra
Long Distance Calling e Von Hertzen Brothers. Synth pop di matrice 70s/80s e atmosfere rarefatte caratterizzano invece
"Ghosts", prima della più pesante
"Smartfriend", un po' djent e un po' alternative con il suo cantato concitato.
"Ruby Pool" è un episodio morbido ed elegante - con un gustosissimo solo di
Asger Mygind - e sfocia in
"Alien Shivers", dove i beat elettronici si fondono con riff più propriamente progressivi. Gli scenari ambient e sussurrati di
"Vertigo" preludono a
"Still", traccia diretta che mi ha fatto pensare a dei Foo Fighters "in giacca e cravatta". I contrasti timbrici e dinamici della titletrack fanno il paio con
"Whaler" (che non avrebbe sfigurato in una rock opera di
Arjen Lucassen) e ci accompagnano verso la conclusiva
"Green Screen Mother", commovente epilogo di memoria pinkfloydiana.
Un solo pensiero si fa strada nella mia mente: c'è ancora speranza.
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