Il celebre aforisma secondo cui non bisogna giudicare un libro dalla copertina con buona approssimazione è applicabile anche alla musica: vi sono album eccezionali che presentano un artwork quantomeno discutibile.
Come noto però vi sono le classiche eccezioni che confermano la regola: "
In the Land of Vandor", il disco d'esordio degli svedesi
Vandor, purtroppo rientra in questa categoria.
L'album del giovane quintetto (nascono nel 2015), oltre ad un'illustrazione di copertina di rara bruttezza, presenta 11 tracce di un power metal sempliciotto ed elementare sia nella costruzione che nelle strutture melodiche.
I riferimenti ai maestri del genere ovviamente si sprecano ma i risultati sono talmente acerbi che mi portano a consigliare ai nostri di ripassare le lezioni passate.
Al fianco di riffs strautilizzati la voce timida e non eccelsa di
Vide Bjerde, seppur sostenuta dalle backing vocals di quasi tutta la band, non riesce a personalizzare i brani, nemmeno nei passaggi meno impetuosi come la versione acustica di "
Possessive Eyes", il brano che chiude il platter.
La band ha curato personalmente la produzione del full length e si fa vanto di non aver utilizzato autotune, melodyne ed altre "scorciatoie": purtroppo però le lacune nel suono sono evidenti con parti di batteria troppo secche e resa complessiva "vuota" di potenza e maestosità, componenti fondamentali per la buona riuscita di un disco power.
I brani si susseguono abbastanza monotoni e con pochi sussulti rendendo l'ascolto farraginoso e l'arrivare all'ora (!!) totale di playing time un'impresa.
A parziale giustificazione dei
Vandor vanno considerate sicuramente la gioventù e la consueta difficoltà del debut album: vedremo in futuro se l'inevitabile insufficienza di "
In the Land of Vandor" verrà derubricata alla voce "peccati di inesperienza".
Vandor - "
Beneath the Sky"
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?