"La πάλινγένεσις è ciò che nasce di nuovo".
Ciò che si evolve dunque.
La musica dei
Deathspell Omega è costante evoluzione.
Lenta, a volte impercettibile ma inesorabile.
Il gruppo francese parte dal suo passato, sia recente che remoto, e va oltre.
Il nuovo
"The Furnaces of Palingenesia" contiene tutti gli elementi che hanno caratterizzato i lavori precedenti, li mette tutti insieme, li amalgama e va oltre verso una formula espressiva nuova.
Una formula che si evolve.
Dentro questo disco, come di consueto avvolto nel più rigoroso mistero per quanto riguarda i suoi autori ed esecutori, troverete magniloquenza, riff aggressivi, atmosfere distorte, dissonanze costanti e fastidiose, momenti grandiosi ed apocalittici, e troverete, anche, black metal.
Tutto ciò che c'era anche nelle produzioni precedenti.
Tuttavia l'ascolto delle undici tracce, pur se avvezzi alla musica dei
Deathspell Omega, vi lascerà basiti e vi confonderà perché, ancora una volta, il gruppo risulta essere sorprendente, distante anni luce dalla "scena", qualunque essa sia, ed assolutamente geniale nella sua estetica filosofica così distorta e deflagrante.
"The Furnaces of Palingenesia" è un album ricco.
Ricco di cultura musicale e di contenuti.
Ricco di partiture lontane dal tradizionale e dallo scontato.
Ricco di soluzioni che non troverete mai nel "normali" gruppi black metal.
Ricco di significati diversi.
I
Deathspell Omega hanno preso la loro musica e l'hanno portata ancora più avanti.
Sono stati in grado, infatti, di renderla anche più "melodica" ma distante eoni dalla semplicità di ascolto.
Hanno saputo inserire dosi di noise rock (ascoltate bene il basso), di sludge ( i momenti più lenti sono stupefacenti) e di dissonanze ai limiti di certo jazz d'avanguardia senza rinunciare al nero assoluto che permea una proposta estrema come questa, senza rinunciare, dunque, al black metal del quale il gruppo si fa interprete sublime e maestro irraggiungibile.
Credo che molti avranno difficoltà con un album come questo.
Credo che in pochi possano dedicare al suo ascolto il tempo necessario che serve per capirne davvero le traiettorie, per andare in profondità nel cogliere una batteria sempre diversa da se stessa o chitarre che dipingono geometrie atonali e talmente dissonanti da risultare, come ho già scritto, addirittura fastidiose.
Credo che sempre in pochi possano essere quelli che apprezzeranno lo violenza selvaggia dei pezzi più spietati o la mutazione costante di quelli più sperimentali, così come le vocals maligne e declamatorie di un
Mikko Aspa sempre più strumento aggiunto di una macchina inquietante come quella dei
Deathspell Omega.
Parliamo, quindi, di un disco per pochi.
Espressione, questa, che spesso nasconde la spocchia di chi la scrive.
Ma, credetemi, la mia volontà è solo quella di mettervi in guardia sulla grandezza "nascosta" di un disco come questo: nascosta, perché, è solo il tempo che ce ne può svelare il valore e quasi sempre il tempo ci è nemico.
Io, però, vivo per la musica e il mio tempo è per lei.
Chiunque tra voi abbia il mio stesso spirito capirà la magnificenza di
"The Furnaces of Palingenesia" e ringrazierà i suoi autori per averlo creato.
Capolavoro di assoluta libertà.