I polacchi sono odio, se i detti latini hanno un significato, il detto nomen, omen si può benissimo applicare alla filosofia del combo death metal polacco.
I nostri instillano aggressività, odio puro nel loro death metal differenziandosi dai loro conterranei
Vader e
Behemoth; la band sa picchiare sodo unendo aggressività a un certo feeling epico ma nerissimo.
Dopo aver chiuso il rapporto con la precedente label due anni fa con l’ottimo
Tremendum, ecco bissare il colpo con il nuovo album che porta il marchio della lama metallica più famosa nel metalliverso.
L’opener “
Seventh manvantara”, ti stampa contro il muro con un brano che è devastazione pura con violenti blast beat e un mid tempo terremotante.
I riffing sono di puro blackened death metal e la voce del singer é un growl aggressivo, possente e covante rabbia; il chorus è incisivo e soprattutto dal vivo il brano farà sfracelli perché sa dosare abilmente la tensione con assalti all’arma bianca.
“
Triskhelion” , é il secondo tonante brano della devastante doppietta iniziale preparata dal duo
ATF Sinner e
Pavulon, qui aiutati da
Tiermes al basso e
Domin alla chitarra.
Brano dal riffing che più death metal non si può, con un andamento veloce e tellurico della sezione ritmica con riffing maligni delle chitarre e aperture in blast beats.
La ferocia dei nostri é palpabile; la rabbia e l’odio che instillano nelle note e nel growl sembra quasi tangibile e il solo breve e melodico è di altissima qualità.
“
Path to arken” ha un’apertura epica nerissima con rullate e chitarre che poi aggrediscono con riffing solidissimi di marca death metal ma virato al nero.
Il growl profondo e declamatorio sembra evocare scenari storici, e la base ritmica solida e ricca di cambi di tempo costruisce un’architettura sonora solida per i riffing aggressivi dei nostri.
La titletrack farà meravigliare molti; un brano semplicemente perfetto, perché death metal non vuol dire solamente una corsa sfrenata, ma anche saper dosare e cambiare tono pur mantenendo alta la tensione.
Brano eccelso con una struttura lenta, quasi doom e la componente epica nera é totale con le chitarre che ricamano riff su riff.
La conclusiva “
Generation sulphur”, chiude il disco con un brano aggressivo ricolmo di odio, rabbia e riffing quasi swedish black dal tono delle chitarre.
Brano veloce, con il growl del singer profondo ma intelleggibile, e c’è anche una breve apertura melodica nel solo armonizzato prima di riprendere ad aggredire con una pioggia di blast beats.
Album devastante, che conferma la bontà del combo polacco e il suo stato di salute, fatelo vostro senza riserve alcune, BUY!!
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