Era la seconda metà degli anni '90 quando i
Korn emersero prepotentemente nel panorama musicale del tempo pubblicando una serie di album che, uno dopo l'altro, diedero forma e materia a quello che era un nuovo genere, il nu metal, parola che troppo facilmente attira spregio ma che innegabilmente ha segnato un pezzo importante nella storia della musica.
Sono album che non ho mai smesso di ascoltare del tutto, anche se ho smesso di seguire la band ormai da tempo. Fino ad oggi. In realtà i
Korn non si sono mai fermati, ed hanno pubblicato diversi album di cui non ho alcuna traccia in memoria. Fino a
The Nothing, tredicesimo full-length della band, un lavoro che è uno schiaffo in faccia a chi, come me, aveva sepolto i Korn anzitempo.
The Nothing si apre con il suono di una cornamusa, e mi sembra di tornare indietro di 20 anni, nel 1999 quando uscì
The Issue.
Ma
The Nothing non è un album che soffre di nostalgia del passato e non è un tentativo di riproporre asetticamente ciò che fece grande la band anni or sono. Brano dopo brano l'album dischiude tutte le sue energie, la sua rabbia e il suo dolore, attraverso tutti gli elementi che hanno reso immediatamente riconoscibili i
Korn, con personalità e carattere, senza mai correre il rischio di sembrare una pallida imitazione di se stessi.
Il sound tipico e le note liquide delle chitarre di
James Shaffer e
Brian Welch, la forza vibrante del basso metallico di
Reginald Arvizu, e quella voce beffarda, a volte sussurro, a volte urlo disperato, di
Jonathan Davis, che non ha mai smesso di lottare contro i propri fantasmi, sono ancora oggi gli elementi tipici sui quali sono costruiti i brani, in una veste forse più ruffiana, con diversi ritornelli sin troppo accattivanti, che fanno però da contraltare a passaggi molto duri, in cui gli strumenti martelllano in modo serrato e violento, e la voce di
Jonathan diviene un growling spietato e rabbioso, fero Caronte che da sempre traghetta i brani nelle loro diverse declinazioni.
Cold,
You'll Never find me,
The Darkness is Revealing,
Finally Free sono brani che danno pieno merito ad una band che è sopravvissuta a se stessa, ai suoi dolori, alla fine del nu metal e che nonostante tutto, compatta e solida, ancora con quasi tutti gli elementi della formazione originale, ha saputo dare corpo ad un album capace di stupire dall'inizio alla fine. Un album autentico, vero, ispirato, e che suona dannatamente bene.
All I want in life is to be happy... happy...Continua a cercare
Jonathan, continua a cercare la tua felicità, e continua a farlo in questo modo...
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