Giornate piovose, sempre più corte e fredde, con tappeti di foglie morte a ricoprire i marciapiedi delle nostre città e a ricordarci la caducità della vita: l'autunno è davvero la stagione più adatta per l'uscita di un nuovo album degli
Slow, duo belga ormai giunto al sesto album in studio con questo
"VI - Dantalion".
E' certamente innegabile come il funeral doom della band sia il compagno migliore in queste giornate tetre ed uggiose, capaci di risvegliare il senso di malinconia che la stagione calda aveva temporaneamente sopito nel nostro animo: sensazioni che gli Slow fanno riemergere grazie alla loro arte, figlia di formazioni come
Worship,
Colosseum ed
Evoken, che prende forma in sette brani di cristallino funeral doom metal dai toni oscuri e disperati in cui la cupezza delle chitarre e del growl cavernoso di Lore si fonde con un gusto melodico e degli arrangiamenti quasi orchestrali, in cui l'uso delle tastiere dona una nota struggente alle canzoni e le rende meno monolitiche e massicce, conservandone intatto lo spleen esistenziale. Impossibile non restare ammaliati dagli inserti di pianoforte che talvolta spezzano l'andamento dei brani, in media molto lunghi come da tradizione degli Slow e in generale di tutto il genere, ma che l'ascoltatore attento e non frettoloso saprà apprezzare in ogni suo minuto, assaporandone l'essenza più cupa e sincera: "Leuer", "Lacune", "Incendiaire", "Futilité" (di cui è difficile dimenticare la struggente melodia di chitarra iniziale) disarmano con la loro sublime bellezza fatta di chitarre oscure ma anche pregne di struggente melodia che talvolta squarcia l'oscurità più nera di "VI - Dantalion" ma che non riesce mai a scalfire la tristezza che permea costantemente la musica degli Slow, rendendola ancor più poetica.
Certamente la componente melodica ed in particolare l'apporto magistrale delle tastiere giocano un ruolo importantissimo nel rendere l'ascolto di "VI - Dantalion" meno monolitico e ad amplificarne a dismisura la componente emotiva, nonostante i pezzi si susseguano con i consueti ritmi trascinati e funerei della band: ma proprio in questo risiede la grandezza degli Slow e la magia di questo genere, troppo spesso bistrattato dagli stessi metallari, e della sua capacità di cullare l'ascoltatore e di estraniarlo dalla realtà, e più semplicemente di emozionarlo.
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