Kraken Duumvirate - The Stars Below, The Seas Above

Copertina 4,5

Info

Anno di uscita:2020
Durata:63 min.
Etichetta:Silent Future Recordings

Tracklist

  1. STAR-SPAWN
  2. II
  3. THE TEMPLE
  4. IV
  5. THE STARS BELOW, THE SEAS ABOVE
  6. VI
  7. QUEEN, ARISE

Line up

  • Magus Polypus Apollyon XIII: unknown
  • Grand Architeuthis S. Dux: unknown

Voto medio utenti

I finlandesi Kraken Duumvirate sono un duo misterioso, che si firma con pseudonimi, e che torna alla ribalta, pubblicando il primo full-lenght, il qui presente “The Stars Below, The Seas Above”, dopo un assenza di ben 9 anni, quando pubblicarono un demo 2011, successore di altro demo pubblicato addirittura nel 2008.
La ragione di tutto questo mistero sulla propria identità sebbene prima facie possa riferirsi al genere proposto, una sorta occult/doom ambient, descritto come un incrocio tra Shape Of Despair e Beherit, a ben vedere probabilmente nasconde la capacità, assolutamente lodevole, di riuscire a provare vergogna per quanto pubblicato. E vado a spiegarmi.
Il disco si compone di 7 pezzi, di cui 4 sono vere e proprie composizioni che sfruttano un minutaggio lungo, propriamente doom, che si attesta sui 13 minuti di media, mentre altri 3 pezzi non son altro che intermezzi strumentali di, relativamente, breve durata.
Il primo problema, e il più grande, di questo disco, è che gli intermezzi sono più interessanti dei singoli pezzi, perché sembrano colonne sonore di John Carpenter, regista che si diletta a scrivere pezzi per i propri film usando risicati e minimali sintetizzatori.
I pezzi veri e propri sono costituiti da suite quasi ambient, monotone, rese ancora più noiose da un cantato che tale non è, perché si sostanzia in spoken words, ed una chitarra che langue angosciosa e disperata, ma quasi mai capace, se non nella conclusiva “Queen, Arise”, di ricreare le atmosfere da orrore cosmico lovecraftiano di cui questo disco vorrebbe permearsi.
Forse è solo un mio problema, ma le atmosfere liquide, oniriche e cosmiche che il disco vorrebbe trasmettere dovrebbero essere il contorno di una struttura musicale solida e non un artifizio tirato all’esasperazione per riempire i vuoti di scrittura.
Per me è un no, senza prova d’appello.

Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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