La storia degli Hanoi Rocks credo la conoscano un po' tutti, a causa soprattutto (purtroppo) degli accadimenti "extramusicali" che portarono, con il successo internazionale alle porte, alla morte del loro drummer Razzle, in un tragico incidente d'auto alla cui guida c'era Vince Neil dei Motley Crue in "avanzato" stato d'ebbrezza.
Il gruppo non riuscì a fare fronte a questo dramma in modo adeguato, sciogliendosi e disperdendo le proprie energie in progetti solisti o collaborazioni varie, anche di pregio (a questo proposito, ricordo con molto piacere, tra gli altri, l'ottimo solo album del singer Michael Monroe, "Not fakin' it"), ma senza lo sfavillio dei loro dischi migliori (uno su tutti, "Bangkok shocks, Saigon shakes, Hanoi Rocks"), dove i nostri avevano saputo così abilmente mescolare irruenza punk, sfrontatezza rock 'n' roll e malizia glam, forti altresì del carisma e dell'immagine vincente del loro frontman, in grado di rivaleggiare anche in fatto di conturbante fascino estetico con tutte le maggiormente acclamate stars del settore.
Qualcuno all'indomani della loro storica separazione sostenne che il combo finlandese era in ogni caso destinato alla disgregazione, a causa delle tensioni interne create dalla rivalità (risultato di contrasto tra forti personalità) che si era instaurata tra il platinato vocalist e l'istrionico chitarrista della band, Andy McCoy, ma una volta ristabilita quella partnership così fruttuosa (nell'eccellente platter della reunion "12 shots on the rocks"), essa si tonifica al meglio in questo nuovo "Another hostile takeover", in cui si respira nuovamente la grandissima essenza artistica dei nostri.
L'incredibile cocktail di Rolling Stones, T.Rex e New York Dolls esplode in modo ancora prorompente, aggiungendo alla mistura qualche piccola "contaminazione" inedita, come avviene, ad esempio, nell'andamento funky rap-peggiante di "Reggae rocker".
Il vortice r' 'n' r' dall'anima blues espresso in "Back in yer face", nella scanzonata "Love", nella frizzante bonus track "Heaven is gonna be empty" e nella sincope hard di "Talk to the hand", le virtù persuasive di "Hurt" e "Better high", aggiunti al simil-pop adescante di "The devil in you" e "Dear miss lonely hearts" (già incisa da Phil Lynott), sono segnali inequivocabili che l'attitudine, la forza magnetica e la vitalità del "vizioso" duo scandinavo non si sono affatto affievolite con gli anni.
Impossibile poi, per gli Hanoi Rocks, dimenticare le atmosfere decadenti così importanti per la loro brillante carriera, ed ecco materializzarsi "Eternal optimist" (con un iniziale accenno di chitarra flamenco!), "No compromise no regrets" (scritta dall'indimenticabile Stiv Bators) e "You make the Earth move", splendide tracce dove malinconia e orecchiabilità raggiungono una miscelazione pressoché ideale.
"Center of my Universe", tenera ballata densa d'ispirazione ed amarezza, impreziosita dal sempre magnifico sax di Monroe, è l'ultima citazione di un disco bellissimo, il quale ci riconsegna una band incredibilmente integra, che non aspetta altro di essere riscoperta e riconosciuta nel suo assolutamente meritato ruolo dominante all'interno del proprio ambito musicale di competenza.
Ignorarli o bollarli come l'ennesima "vecchia gloria" in cerca di qualche briciola di popolarità sarebbe un errore enorme e, sebbene certe qualità siano innate e difficilmente acquisibili, non sottovaluterei nemmeno la loro funzione "educativa" sul come si possa realizzare, anche nel terzo millennio, un lavoro di "street-rock" veramente convincente.
Se avete un gruppo che vuole suonare questo genere, dategli un'attenta ascoltata ... c'è comunque parecchio da imparare da "Another hostile takeover". Hanoi "rocka" ancora e lo fa alla grande!!
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