Prendete dei musicisti del calibro di
Ronnie Romero (ex frontman dei Lords Of Black ed attuale voce addirittura dei Rainbow di Blackmore...sì, proprio loro!), un batterista unico nel suo genere come
Mike Terrana (ex drummer di Rage, Masterplan, Malmsteen e...chi più ne ha più ne metta, attualmente nei “nostri” Vision Divine), aggiungeteci un chitarrista (nonchè bassista e tastierista) come
Magnus Karlsson (oggi nei Primal Fear, in passato impegnato in tantissimi progetti) e otterrete come risultato un super-gruppo chiamato
The Ferrymen che, con questo
A New Evil, pubblicato 2 anni dopo l'ottimo omonimo debutto, giungono al loro secondo album in studio.
Con una simile line-up è pressochè impossibile rimanere delusi e difatti il nuovo lavoro dei “traghettatori” è un disco ben suonato, caratterizzato un heavy metal senza tanti fronzoli, incisivo e potente sin dall’inziale
Don’t Stay In My Way, passando per
Our Own Heroes che riporta vagamente alla mente i vecchi Thunderstone, mentre
The Night People Rise ricorda qualcosa del progetto “Allen-Lande” (dove peraltro era presente
Karlsson alla chitarra). Il disco è comunque avvolto da un alone di misteriosa malinconia, che viene sprigionata soprattutto nelle tracce più melodiche, talvolta contaminate da influenze AOR (su tutte
Bring Me Home e
Heartbeat, quest’ultima forse un pò banale nel ritornello, tuttavia salvata dalla magnifica voce di
Romero in pieno “Dio-Style”), ma nella maggior parte dei casi la melodia si fa più graffiante fondendosi alla perfezione con il power di matrice europea e cosi vi sono momenti in cui, qua' e là, sembra di riascoltare l'eco dei primissimi Masterplan (quelli del debut-album, quando erano ancora ispirati, sia chiaro), è questo il caso della title-track, di
Save Your Prayers (pezzo in cui
Romero si trasforma in Jorn Lande e, a sua volta,
Karlsson in Roland Grapow), di
No Matter How We Fall o di
My Dearest Fear. Il pezzo più bello dell’intero disco è probabilmente
You Against The World, traccia eterogenea, che trasuda passione da ogni singola nota, sia nei suoi momenti più aggressivi (in cui la parte del leone la fanno il “ruggito” di
Romero e quella macchina da guerra di
Terrana che picchia duro dietro le pelli), sia in quelli in cui viene dato più spazio alle aperture melodiche, dove la chitarra di
Karlsson disegna assoli cosi intensi, da penetrare nell’animo. Il finale è invece affidato alla piacevolissima
All We Got, un brano dalla struttura semplice ma con un andamento “in crescendo”, che alla lunga risulta tremendamente accattivante, come del resto l’intero disco che, in conclusione, si fa apprezzare per la qualità delle canzoni e per le doti tecniche dei tre membri della band i quali, sia chiaro, nulla avevano da dimostrare con questo nuovo lavoro ma che, al tempo stesso, sembrano non incappare mai (o quasi) in incidenti di percorso durante la loro, più o meno lunga e brillante carriera!
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