Ian Gillan - Contractual obligation #2 - Live in Warsaw

Copertina 7

Info

Anno di uscita:2019
Durata:113 min.
Etichetta:earMUSIC
Distribuzione:Edel

Tracklist

  1. HANG ME OUT TO DRY
  2. PICTURES OF HOME
  3. NO LOTION FOR THAT
  4. STRANGE KIND OF WOMAN
  5. RAZZLE DAZZLE
  6. A DAY LATE ‘N’ A DOLLAR SHORT
  7. LAZY
  8. RAPTURE OF THE DEEP
  9. WHEN A BLIND MAN CRIES
  10. YOU’RE GONNA RUIN ME BABY (WITH GRACE GILLAN)
  11. AIN’T NO MORE CANE ON THE BRAZOS
  12. DIFFICULT TO CURE (BEETHOVEN’S NINTH)
  13. ANYA
  14. PERFECT STRANGERS
  15. HELL TO PAY
  16. DEMON’S EYE
  17. SMOKE ON THE WATER
  18. HUSH
  19. BLACK NIGHT

Line up

  • Ian Gillan: vocals
  • Simon McBride: guitar
  • Laurence Cottle: bass
  • Don Airey: keyboards
  • Jon Finnigan: drums

Voto medio utenti

Io ho sempre adorato Ian Gillan! Mi è sempre piaciuto sia dal punto di vista vocale – dagli inarrivabili picchi dei primi anni ’70 alla voce più calda degli anni ’80 (quando ha dovuto reinventarsi dopo i problemi che ha avuto alla gola), e finanche questo suo ultimo periodo, dove sopperisce agli inevitabili cali di tono dovuti all’età e a milioni di concerti in giro per tutto il mondo, con una classe ed un mestiere unici – sia come personaggio, grazie alla sua ironia e alla sua maestria nel rimettersi sempre in gioco, senza prendersi mai troppo sul serio, e adattandosi alle varie fasi della sua vita e della sua carriera.

E quale conferma migliore a quanto sto dicendo se non un titolo ironico e dissacrante come “Contractual obligation #2”? Non è certo una novità il fatto che il singer britannico abbia sempre odiato l’usanza di dover pubblicare compilation o live per assolvere ai fantomatici obblighi contrattuali, quindi il buon Ian non poteva certo accontentarsi, come fanno tutti gli altri, di tirare fuori qualche vecchia registrazione e darla in mano alla casa editrice per scindere i suddetti vincoli. No, lui ha pensato bene di chiamare il fido Don Airey con la sua band e addirittura un’orchestra intera, mettere su un tour nell’Europa dell’Est e quindi registrare un live nuovo di pacca in quel di Varsavia, attingendo a piene mani da innumerevoli classici dei Deep Purple, alternati a qualche suo brano solista e un paio di cover, mettendo su uno spettacolo che se da un lato non offre in realtà nulla di nuovo, dall’altro rientra in quella cerchia di piccoli grandi eventi dei quali può ritenersi fortunato chi ha potuto partecipare.

Entrando più nello specifico, com’è questo live album? A primo acchito vi direi strabiliante, ed in effetti non esagererei. C’è l’immensa classe di Gillan e Airey, c’è l’orchestra che aggiunge un tocco di spessore in più, e poi c’è la band di Don, e qui permettetemi di essere un po’ rompiscatole. Se dal punto di vista tecnico Simon McBride (chitarra), Laurence Cottle (basso) e Jon Finnigan (batteria) sono impeccabili, è altrettanto vero che, come spessissimo capita per musicisti simili a loro, mancano completamente di personalità, e soprattutto nei vecchi brani dei Deep Purple l’immenso gap presente nei confronti di Blackmore, Glover e Paice appare davvero enorme, con partiture eseguite alla perfezione, ma senza guizzo, tocco, calore, genialità. Gap che appare meno evidente durante l’esecuzione dei brani dell’ultimo periodo della band inglese, in quanto più quadrati e meno improvvisati, nei quali soprattutto il chitarrista è più a suo agio, dato che il suo stile è sicuramente più accumunabile a quello di Morse e non a quello del Man In Black. Molto simpatico, invece, il siparietto durante il quale il singer viene raggiunto dalla figlia Grace per un mini duetto sul brano "You’re gonna ruin me baby".

Di contro, un’anomalia è senz’altro la scelta di alcuni brani che a pelle ti sentiresti di accostare più a Blackmore che a Gillan, come la splendida "Anya" o "Difficult to cure – Beethoven’s ninth", ma credo che dietro scelte del genere ci siano dinamiche che non possiamo comprendere, tipo clausole contrattuali, royalties (all’arrangiamento della sinfonia di Beethoven dei Rainbow ha partecipato anche Airey) o robe comunque legate più all’ambito burocratico che a quello artistico. Piccole considerazioni che di certo non scalfiscono il risultato finale, data la scaletta talmente ricca di classici che rimanere insoddisfatti sarebbe davvero da denuncia…

In definitiva, sicuramente questo live farà la felicità di tutti i Purple Maniacs sparsi per il mondo, che avranno modo di ascoltare per l’ennesima volta brani immortali presentati con una nuova veste. Ma dovrebbe fare la felicità anche di chi ama semplicemente la buona musica, quella fatta col cuore da un personaggio che a settantaquattro anni suonati non deve ormai dimostrare più niente a nessuno, e quando si lancia in progetti come questo lo fa esclusivamente per il suo immenso amore per la musica (i concerti sono stati effettuati durante la pausa del tour di "inFinite", chiunque altro al suo posto, coi suoi soldi e alla sua età se ne sarebbe tornato a casa dai nipotini, lui no, si imbarca in altre date…) e di certo non per “Contractual obligation #2”!
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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