Gli
Ogre sono veterani del genere doom rock/proto metal, attivi da una ventina d'anni e con quattro album all'attivo: "Dawn of the Proto-Man"(2003), "Seven hells" (2006), "Plague of the planet" (2008) e "The last Neanderthal" (2014). Il trio americano per la propria musica si è sempre ispirato alla natura aspra e gelida del territorio d'origine, il Maine, puntando su una miscela di doom rock settantiano con forti inezioni di groove proto-metal alla maniera di Pentagram e Trouble.
Questo quinto full-lenght, il primo per la
Cruz del Sur, conferma pienamente tali caratteristiche: fondamenti Sabbathiani, dinamismo ritmico talvolta Maideniano (la marziale e metallica "
Cyber-czar"), attitudine doom elegante con molte vibrazioni NWOBHM. In certi frangenti mi ricordano molto i Pagan Altar o i Pallbearer, con tonalità vocali simili a quelle di Bobby Liebing. I brani sono solidi e ben strutturati, sia quelli più occulti ed atmosferici con tensione bluesy ("
The future", "
King of the wood") che quelli carichi di groove ed energia heavy ("
Hive mind", il rokkaccio "
Big man"), i riff profumano di anni '70 e le alternanze melodiche ricordano lavori come "Sabbath bloody sabbath" o "Sabotage" riviste in chiave più attuale. Un paio di tracce raggiungono il livello di eccellenza, vedi l'articolata "
Judgement day" e la lunga ed oscura "
Blood of winter" con il suo andamento sinuoso che prelude ad una torrida sfuriata centrale di hard rock dal grande impatto chitarristico, comunque tutto l'album si attesta certamente su livelli medio-alti.
Se devo trovare un limite a questo lavoro, la voce di
Ed Cunningham in alcuni momenti sembra mancare della potenza evocativa che garantirebbe ancora più brillantezza alla proposta. Ma se amate il doom di formazioni come Saint Vitus, Orchid, Orodruin, Iron Void, oltre a quelle già citate, gli
Ogre rappresentano un ottima scelta.
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