So cosa stanno pensando quelli della mia età, quelli che hanno scavallato i 40, ma no, in questa recensione non vi parlo di questi (che peraltro mi fanno venire una nostalgia maledetta):



I King di cui vi parlerò sono un trio di Melbourne formatosi nel 2013 giunti al loro secondo disco, edito da Indie Recordings, dal titolo "Coldest of Cold".
Il debut album "Reclaim the Darkness" era un concentrato di furia blackened death metal che evocava i maestri Immortal e Satyricon mentre nel suo successore il suono dei nostri si arricchisce di melodie epiche ed oscure più affini ai Dissection ed ai King of Asgard di "Fi'mbulvintr".
"Coldest of Cold", per dirlo senza tanti mezzi termini, è un'aggressione continua, è il cozzare fragoroso delle armi in battaglia, è il gelo del nord che sferza la faccia nell'attraversare una foresta innevata: furia resa sopportabile dagli inserti melodici annodati con grande maestria nella trama di ogni brano.

I King non propongono alcunchè di nuovo, la loro formula è stata utilizzata con successo da moltissime band, ma il disco scorre fluido dall'opener tellurica "Conquer" sino all'epica chiusura di "My master, my sword, my fire". I riff, dal suono forse eccessivamente asciutto, fanno comunque benissimo il loro compito di tenere alto il tiro di tutto il lavoro, sostenuti da una sezione ritmica in grado di variare dai blast beat ai mid tempo: la breve "Star" può essere presa come valido esempio.
Se siete pronti ad affrontare il buio ed il freddo dell'inverno faccia a faccia, "Coldest of Cold" è il compagno di viaggio perfetto.

King - "Conquer"