Quella dei
Serious Black è una storia all’insegna della continua ricerca dell’equilibrio - anche a livello di line-up - che alterna prove convincenti (penso all’
esordio o al precedente
“Magic”) a uscite altalenanti come
“Mirrorworld” o il qui presente
“Suite 226”.
Il metal melodico del quartetto non ha niente che non vada, è semplicemente poco - a volte per nulla - interessante. Ci sono momenti a cavallo tra
Judas Priest e
Virgin Steele (
“Let Me Go”), brani più propriamente sinfonici di scuola
Kamelot (
“Solitude Étude”, “Castiel” o
“Heaven”), episodi tradizionalmente power (
“Shall Burn”, “Way Back Home”), ma niente che permetta ai
Serious Black di spiccare davvero il volo.
Ci si prova con la conclusiva titletrack, spigolosa e dalle tinte progressive, ma ormai è tardi, e ci si augura solo che la band ritrovi presto una propria strada per non finire prematuramente nel dimenticatoio.
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