Rentrée (aiuto ho finito i sinonimi!) concessa anche ai tigrotti gallesi Tigertailz con questo “Bezerk 2.0”, che si prefigge, fin dal titolo, di riprendere il discorso interrotto proprio dopo quel “Bezerk” del 1990, ultima loro testimonianza discografica prima che un certo grunge spazzasse via in un sol colpo tutti (o quasi) i “bad boys of r’ n’ r’” e un certo modo d’intendere la musica rock.
Ritorna, dunque, quel glam metal divertente, dissoluto, provocatorio, scanzonato, orecchiabile, grintoso e ricco della solita profusione di “z”, con il quale i ‘Tailz avevano tentato di contrastare l’egemonia americana del genere, e diciamo che, tutto sommato, l’operazione funziona anche nell’anno 2006, grazie ad un lavoretto ancora una volta assai godibile nelle melodie, ruffiano nei cori, energico e “corrosivo” nelle architetture soniche.
Un gruppo (con gli storici Hooker, Pepper e Tate, affiancati dal nuovo drummer Blackout) in buone condizioni di forma, che scodella un discreto numero di situazioni piuttosto accattivanti e che rispondono al nome di “Do it up”, anthemica e viziosa, ”One beat of your heart”, più cattiva, ma dal refrain irresistibilmente catalizzante, ”I believe”, una ballata che intreccia con gusto Guns N’ Roses e Led Zeppelin, “Tvod”, hard-blues in versione bubble-gum (con nuovamente un po’ delle traiettorie del Dirigibile nel “piano di volo”), “Annie’z gone”, piccolo gioiellino di glam rock quintessenziale, “For hate’z sake”, catchy e anfetaminica secondo i dogmi dei migliori Motley Crue e ancora “Sugar fever”, un “edulcorato” rock ‘n’ roll dagli esiti abbastanza “innocui”, ma non molesti.
Si allontanano leggermente dalle vivaci tinte glamour dei brani descritti una tribal-soul “Falling down” e il tocco industrial-orchestral-gotico di “Dirty needlez”, mentre “Make me bleed” se ne affranca in maniera pressoché assoluta, iniziando con un’atmosfera vagamente alla Queensryche e trasformandosi in una sorta d’interrogazione Tigertailz-iana sulla materia Savatage (early version), piuttosto spiazzante ma alquanto gradevole.
“Bezerk 2.0” è un album che musicalmente merita rispetto e anche se credo che obiettivamente il suo valore non potrà stravolgere gli andamenti del mercato e sia ancora un po’ prematuro (nonché, forse, “lievemente” anacronistico!) andare a rispolverare spandex, make-up, lustrini e hair-spray (se proprio non ne potete fare a meno, scegliete quelli rigorosamente ozone friendly, mi raccomando!), ritengo che qualche volta lasciarsi consigliare dallo slogan “let your flesh instruct your mind”, che fa bella mostra di sé nell’ultima pagina del booklet del Cd, non sia poi un comportamento così disdicevole.
Go Bezerk, and spread the word!!!