Il chitarrista/cantante ungherese
Peter Kovary ha militato per oltre un decennio nella pop band NEO, formazione di grandissimo successo in patria. Quando ha deciso di lasciare questo gruppo, intorno al 2015,
Peter ha dato vita ad un nuovo progetto personale che lo riportasse alle radici della musica rock. Il disco d'esordio, "Halfway till morning", è uscito nel 2017, ed ora viene pubblicato il secondo capitolo discografico: "
Fly forever".
Siamo davvero nel territorio del rock più puro ed incontaminato, quello che va dai Beatles ai Rolling Stones, dai Deep Purple a Peter Frampton, da Tom Petty ai The Black Crowes, unendo robustezza elettrica, energia, orecchiabilità e feeling radiofonico. Il musicista magiaro sembra particolarmente orientato verso un arena-rock molto americano, di ampio respiro e grandissima accessibilità, vedi i brani catchy e screziati di blues'n'soul come "
Soul driver" o "
Low down bitchin", ravvivata da sax e slide, oppure la melodica e Frampton-iana "
Fly forever", ma sono presenti anche episodi dal retrogusto southern settantiano (alla Black Stone Cherry) come le groovy "
Until the world ends" e "
Resurrection" ed anche qualche traccia che evoca il rock pacato e rurale della Marshall Tucker Band ("
Down an' lonely", "
I missed the train").
Il livello medio delle canzoni è buono, anche se mancano hits davvero memorabili.
Kovary ha una voce piacevole e sufficientemente duttile, che forse manca un pò di tiro in alcuni frangenti. Nel complesso la formazione ungherese se la cava bene, non particolarmente originale ma solida e concreta. Una prova positiva e consigliabile agli appassionati del rock più classico, pur se non si tratta di un disco indispensabile.
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