È un graditissimo ritorno quello di
Enzo Donnarumma e del suo
Glory Ensemble. La trilogia iniziata nel 2015 con
“In The Name Of The Father”, trova il suo epilogo nel qui presente
“In The Name Of The World Spirit”, album alle mie orecchie superiore al precedente
“In The Name Of The Son” anche se probabilmente meno originale rispetto al sopraccitato esordio.
Un primo e deciso passo in eventi va rilevato in termini di produzione, cristallina dalla prima all’ultima nota, e discorso simile si può fare per tutte le composizioni, estremamente curate sia nella forma che nella sostanza.
Le sonorità rimangono ancorate a un solido power/prog metal di stampo sinfonico che in alcuni episodi rievoca gli
Angra post-
Matos (
“The Bronze Age”, “Just In My Heart The Blame”, “Last Weep”) e che ha nelle atmosfere
oriental un motivo di interesse ulteriore (
“Try To Put…”, “My Pillory”).
Ancora una volta gli ospiti giocano un ruolo fondamentale e impreziosiscono i brani più propriamente teatrali e cinematografici come
“I’ll Add More” o la lunga
“Psalm 13”, dal piglio marcatamente
rock-operistico. Le canzoni più dirette e lineari (penso a
“Echo” o alla maideniana
“One Reason”) completano un lavoro riuscito che non deluderà gli estimatori dell’artista nostrano.
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