Uscito in forma indipendente l'anno scorso,
"Metamorphoses", album di esordio per gli americani
Marrowfields, viene ristampato dalla
Black Lion Records che lo farà uscire, in formato CD, il 24 aprile, in piena primavera, dunque, sebbene le atmosfere tristi e sofferenti della musica avrebbero "preferito" la stagione autunnale per meglio esprimere la loro forza catartica.
Quello che fanno i
Marrowfields è, sulla carta, molto semplice: da un lato prendono lo spirito epico e pagano dei Primordial e dall'altro quello "classico" del doom alla Candlemass, creando un suono potente, come ricordavo in alto, triste, che duetta con un concept, evidentemente ispirato alle Metamorfosi di Ovidio, in cui avidità umana e senso di perdita quasi puniscono il genere umano.
Tutto facile, dicevo.
In verità, il gruppo americano dimostra una magnifica capacità di creare la giusta atmosfera, riuscendo ad incidere cinque brani, molto lunghi, che sono, sempre, perfettamente bilanciati tra epicità ed oppressione e che vengono esaltati dalla splendida voce di
Ken Gillis, autentico cantore di melodie stentoree e senza tempo che le durissime chitarre cesellano con incessante meticolosità descrivendo melodie in grado, senza ombra di dubbio, di penetrare nel profondo delle nostre anime, emozionando e stringendoci il cuore come solo la perdita di una persona cara potrebbe fare, anche in virtù di brevi solos davvero laceranti e da brividi lungo la schiena.
"Metamorphoses" è, nella sostanza delle cose, una sorta di poema epico che getta il suo occhio su paesaggi dolorosi e ululanti all'interno dei quali si dissolve il fragore degli strumenti elettrici e resta, solo, la pura emozione di una musica scritta e suonata con il cuore.
Un cuore, evidentemente, sanguinante ma dannatamente affascinante.
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