Nonostante questo sia solo un EP, i portoghesi
Colosso hanno deciso di fare le cose per bene. Nello specifico danno vita a un concept sull’apocalisse e i suoi quattro cavalieri, e in effetti 4 sono le tracce, ognuna nominata con il nome delle 4 piaghe. Ma non basta, su ognuna delle tracce canta un singer diverso, cercando di dare il mood giusto ad ogni singola canzone.
Di base ci troviamo di fronte ad un death metal ben composto e ben suonato, che ha fortissimi rimandi agli
Immolation e agli
Incantation, ma non solo, come vedremo nel prosieguo della recensione.
Certo, l’iniziale “
Pestilence”, anche grazie alle claustrofobiche vocals del gutturale
Guilherme Henriques, singer di
Oak e
Gaerea, è la perfetta sintesi tra le band citate, con un andamento lento, sulfureo, doomish, ma con ritmiche serrate come spirali di boa constrictor.
Ma già la successiva “
War” accelera il ritmo e mostra un riffing più tagliente e patterns più brutali, di scuola
Suffocation. Anche questa volta impressionano le brutalissime vocals del singer
Sérgio Afonso dei
Bleeding Display.
Su “
Death” le vocals sono del leader dei
Colosso,
Max Tomè, che usa il cantato pulito per una canzone ha un suono più aperto, meno compatto, con un mood più thrashy. Sembra quasi di sentire i
Mnemic, soprattutto nelle soluzioni melodiche.
Chiude il disco “
Famine”, sulla quale canta
Diogo Santana degli
Analepsy. Si riprende a pestare, ma in maniera ragionata, con un techno death metal che fa della sua pesantezza, a scapito della velocità, il suo punto di forza. Non mancano tuttavia una pioggia di blast beats e il cantato davvero brutale e profondo del singer nella parte centrale del pezzo, prima di tornare a strutture ritmiche matematico/algebriche.
Il giudizio finale è molto positivo, ma, da un lato, 4 pezzi sono un po’ pochi per un giudizio definitivo, e, dall’altro lato, lo strumentario messo in mostra dalla band è troppo variegato per essere ricondotto ad unità. Resta il fatto che, al di là delle composizioni, la band dimostra di essere a proprio agio quasi sempre.
Da rivedere sulla lunga distanza.
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