È una formula che continua a convincermi quella del duo
The Alligator Wine, psichedelica e ruffiana al punto giusto (
“Dream Eyed Little Girl”), con quel
groove persistente un po’ heavy e un po’ indie mai sopra le righe (
“Ten Million Slaves”, “The Flying Carousel”).
Dopo l’
EP dell’anno scorso (di cui due tracce - con mia sorpresa - sono state recuperate nel qui presente
“Demons Of The Mind”), ecco il primo full-length della band a conferma delle buone impressioni iniziali
(eccezion fatta per il nuovo e discutibile logo di memoria Greta Van Fleet, ndr).
Il sound è sempre interessante e mai eccessivamente nostalgico, un riuscito ibrido a cavallo tra i
Bigelf di
Damon Fox e i The White Stripes di
Jack White (
“Shotgun”, “Voodoo”). Le tastiere - che si occupano praticamente di tutto - non fanno rimpiangere le chitarre, non essenziali grazie alle “grasse” ma ricercate timbriche del mastermind
Rob Vitacca (
“Crocodile Inn”, “Mamae”), protagonista di una prova convincente da tutti i punti di vista. E come se non bastasse, anche i brani più rilassati e
spacey funzionano (
“Lorane”, “Sweetheart On Fire”).
Non lo chiamerei
rétro-rock. È di certo qualcosa di simile, ma è più originale e guarda al futuro. E sinceramente non mi sembra poco…
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