Nati nel 2015 a Bologna, gli
Hyperion giungono dopo un paio d'anni all'esordio con la spagnola
Fighter Records, sottoetichetta classica della storica Xtreem Music attiva da quasi 20 anni, con il loro "
Dangerous Days", molto apprezzato da pubblico e critica.
A distanza di circa tre anni si ripetono con il nuovissimo "
Into The Maelstrom" e, ve lo diciamo senza indugi, sarà senza dubbio un successo: la chiave di tutto è "freschezza" ed il tutto appare ancora più meritevole poichè il sostantivo che usiamo fa riferimento ad uno stile ovviamente relativo a tanti anni fa, un classic metal che si colloca a metà strada tra Maiden e la scuola tedesca, più una spruzzata di Annihilator nelle parti di chitarra più aggressive, in cui gli Hyperion sprizzano energia pura, intrigando l'ascoltatore con nove pezzi energici, carismatici, veloci e fomentanti, di quelli che non vedi l'ora di memorizzare con una manciata di ascolti per poi lanciarti insieme al cantante
Michelangelo Carano ad urlare i chorus a squarciagola; quest'ultimo dotato di un'ugola dal timbro molto personale, un po' alla
Steve Sly dei
Mortal Sin, che conferisce un quid in più ai brani già assai maturi e trascinati, con la coppia d'asce
Cotti / Fortini che nel frattempo macina riff a più non posso, lanciandosi anche in guerre d'assoli d'altri tempi che non possono far altro che trascinarci ancor più dentro la musica degli Hyperion.
La titletrack, posta come apertura e protagonista del bel video in calce alla recensione, è un ottimo biglietto da visita che fa temere immediatamente per l'incolumità del nostro collo ma il disco non presenta punti deboli, anzi le potenti "
Ninja Will Strike" e "
Driller Killer" riescono a movimentare ancor più la scena, mentre la sezione ritmica appare in gran spolvero su "
The Maze of Polybius", anch'essa caratterizzata da un gran gusto per le linee vocali, sempre azzeccatissime e coinvolgenti.
C'è spazio anche per una strumentale, "
From the Abyss", che sinceramente non vedevo inserite in una tracklst da un sacco di tempo ed anch'essa è assai valida, facendomi ancor di più rimpiangere musicalmente i tempi andati.
Sul finire del disco c'è ancora spazio per ottimi brani sparati a 100 all'ora come la conclusiva "
Bridge of Death", una "
Bad Karma" davvero irresistibile per mood, la grandeur di natura quasi AOR di "
Fall After Fall", cromata e dal ritornello ammaliante, e la cadenzata "
The Ride of Heroes", l'unica ad avere una durata considerevole rispetto alla media degli altri pezzi che si aggira sui 4 minuti.
Probabilmente debitori di
Dan Simmons per la scelta del nome (e magari maggiormente appetibili da chi conosce ed apprezza il romanzo e le tematiche affrontate), gli Hyperion ripropongono un sound a cavallo tra i magici '80 ed i primi '90 ma senza trasformare il tutto in una patetica operazione nostalgia, anzi con una ventata di entusiasmo che non mancherà di soddisfare tutti quelli che non ne hanno mai abbastanza di heavy metal nell'accezione più pura del termine.
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