Credo di averlo già affermato in altre occasioni (è “privilegio” degli
anziani ripetersi e non ricordarselo) … non amo molto le esibizioni dal vivo “mono-discografiche”, una consuetudine piuttosto recente che non consente di vagliare l’intera parabola artistica di una
band attraverso i suoi passi salienti.
I
Pretty Maids e il loro “
Future world” sono, però un’eccezione, sia perché adoro da sempre quell’
ellepi e sia perché i nostri, seppur dal sottoscritto non seguiti negli anni con la dovuta costanza, rappresentano un fulgido esempio di come la carriera di un gruppo musicale possa felicemente svilupparsi nel tempo grazie a talento, entusiasmo e a una “coerenza” espressiva priva d’integralismi.
Ecco perché attendevo con un certo interesse questo “
Maid in Japan - Future world live 30th anniversary”, sontuosa celebrazione (disponibile in
Cd/
Dvd e
Blu Ray) del trentennale di un disco che all’epoca della sua uscita (1987), pur decretando il successo del gruppo scandinavo, destò non poche perplessità nei suoi
fans più irriducibili.
L’immagine da
poser della retrocopertina (a quanto pare dovuta a pressioni “esterne” …) e l’idea che la “
sindrome Europe” (mal digerita soprattutto a causa della loro enorme affermazione commerciale … una vecchia storia ancora molto attuale …) avesse colpito anche i danesi , fecero storcere il naso a più di un
metalofilo con i “paraocchi”, costretto a ricredersi (almeno speriamolo …) di fronte ad una collezione di eccellenti frammenti sonori, intrisi di melodia ma anche ricchi di affilata vigoria metallica, il tutto ottimamente orchestrato dall’ugola versatile di un grande della fonazione modulata di nome
Ronnie Atkins.
Ritornando a bomba ai nostri giorni, scopriamo che quello che abbiamo di fronte è davvero un pregevole
live album, e non solo perché, come accade a tutte le eccellenze, “
Future world” ha mantenuto intatto il suo valore.
L’energia incontenibile di
Atkins (che nel frattempo è riuscito a sconfiggere anche un cancro ai polmoni …) e dei suoi
pards, alimentata dal caloroso pubblico giapponese (l’opera è stata registrata a Tokyo nel 2018) e da una brillante resa sonora, travolge i sensi in maniera impetuosa, ricordando all’astante quanto la capacità di “tenere il palco” sia una prerogativa importante per la longevità di un’artista.
E poi come detto, ci sono le “canzoni” … i
riff scorticanti di “
Future world” e la grinta adescante di "
We came to rock”, "
Loud ´n´proud“ e "
Needles in the dark”, sono parte integrante di un approccio alla materia intenso e variegato, capace di tingersi di pastosità melodica in “
Love games” (e qui siamo veramente dalle parti degli Europe, o dei connazionali Fate …) e “
Rodeo”, di spensierato
pop-metal in "
Long way to go”, di epico melodramma in "
Yellow rain” e di lirismo sentimentale nella ballata “
Eye of the storm”.
A completare il quadro, fornendo all’ascoltatore meno smaliziato qualche “indizio” sul resto del lussuoso repertorio dei
Pretty Maids arrivano infine alcuni brani più recenti, a testimonianza di quella sagace integrità espressiva citata all’inizio della disamina, idonea ad assorbire con innato buongusto anche suggestioni soniche maggiormente “attualizzate” (dai barlumi
power di “
Mother of all lies” e “
Kingmaker”, alle tentazioni “alternative” di “
Little drops of heaven”).
Mentre attendiamo con ansia di poter tornare in prima persona sotto un palco, a condividere passione, sudore e adrenalina con musicisti e sodali, gustiamoci uno dei “surrogati” più efficaci del momento, offerto da “gente” in grado di insegnare parecchie “cosette”, in fatto di vitalità, convinzione e ispirazione, a molti degli interpreti del costipato
rockrama contemporaneo.