Sarebbe sufficiente ricopiare ogni singola parola della recensione del precedente
“From Silence To Somewhere” per descrivere sinteticamente il nuovo
“Dwellers Of The Deep”.
Stesso numero di brani (4), stesse palesi influenze e stessa attitudine - a tratti anche godibile - della serie
“indovina da quale minuto di quale LP uscito tra il 1969 e il 1975 abbiamo preso questa idea?” a dominare incontrastata per tutta la durata del full-length.
Che i
Wobbler fossero gli eredi naturali degli Yes più progressivi lo sapevamo già, e tutto
“Dwellers Of The Deep” suona prima di tutto come un sincero tributo alla band di Steve Howe e soci, seppur arrivando a sfiorare il plagio in più di un’occasione (difficile scegliere tra le tante sezioni di
“By The Banks”, “Five Rooms” o
“Merry Macabre”). Ma i nostri non hanno neanche mai nascosto il loro amore per il progressive nostrano, evidente nella più rilassata
“Naiad Dreams”, che sarebbe potuta uscire tranquillamente dalla penna di Franco Mussida in uno dei suoi tanti momenti di grazia.
Gli inguaribili nostalgici non possono chiedere di meglio per soddisfare la propria fame di prog classico, ma io - oggi più che mai - rimango sempre un po’ “freddino” di fronte ad album così concepiti, anche se ineccepibili dal punto di vista formale…
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