Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2020
Durata:63 min.
Etichetta:Season Of Mist

Tracklist

  1. THROUGH THE HOLLOW
  2. GET OUT FROM UNDER
  3. FORMLESS HANDS
  4. CORPSE OF MIND
  5. THE MAZE OF STAGNANT TIME
  6. I AM NO LONGER
  7. DEATH IS
  8. TUNNEL
  9. THE DEVIL LIVES

Line up

  • Oeds Beydals: guitar
  • Ron Van Herpen: guitar
  • Job Van De Zande: bass
  • Bob Hogenelst: drums and percussion
  • Matthijs Stronks: keyboards
  • Farida Lemouchi: vocals

Voto medio utenti

Questa band è stata fondata sulle ceneri dei bravissimi The Devil’s Blood per commemorare il compianto chitarrista della band Selim Lemouchi.
In questa formazione ci sono alcuni elementi di quel complesso compresa la sorella dello scomparso musicista Farida.
Avevo trattato in precedenza l’ep, che è stato il primo vagito musicale di questa nuova creatura creata su suggerimento anche degli organizzatori del celeberrimo festival Roadburn.
Ma attenzione, le analogie con la formazione passata finiscono qui o quasi; questo debutto affonda le radici nei tardi sessanta quasi come se fosse concepito a cavallo dell’annata 1969-1970.
Basta sentire l’opener e titletrack; brano lungo con riff a spirale e controtempi acidissimo e con qualche riverbero.
La tecnica e il trasporto si sentono come la potente voce della singer olandese, per certi versi sento un profumo di Mastodon quelli più prog.
Get out from under”, ha un bell’arpeggio iniziale, un andamento ciondolante e vibrazioni sixties psych.
Le chitarre non graffiano, ma intessono una ragnatela di riff in acido con una sezione ritmica potente in abbinamento alla melodia pronta a incantare della Lemouchi e un solo ben fatto e consono al brano.
Corpse of mind” è ancora più identificativa dell’epoca che sta ispirando il complesso arancione.
Brano psych acustico con un bel lavoro di chitarra, il vibrato della singer è ammaliante e l’atmosfera ha un che di minaccioso in profondità.
The maze of stagnant time” è un bel mid tempo con ritmiche potenti; abbiamo qui chitarre dai riff acidi ed in più la voce potente, piena di emozione e anima della cantante olandese.
Gustoso l’intermezzo jazzato ad opera delle tastiere che riporta un certo gusto retrò.
Con “The devil lives”, ecco che l’elettricità torna in questa zampata che ha qualche punto di contatto con i compianti The Devil’s Blood.
Brano lungo, lento con un accordo blues acustico elettrificato che sfodera un solo acido riverberato con un calore settantiano per poi stemperarsi in un viaggio psych con percussioni, tastiere e chitarre acustiche fino all’esplosione finale.
Buon ritorno e debutto sulla lunga distanza; si sente che i nostri amano queste sonorità e le sanno comunicare al mondo con spessore, per me è un gradito ritorno anche se il capitolo precedente è chiuso, bravi Molassess.

Recensione a cura di Matteo Mapelli

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