Sì sì, ok: gruppo di culto, fra i migliori esponenti del
black svedese, carriera ormai ventennale, rispettati nei circuiti
underground… tutto quel che volete, ma il sottoscritto rimane dell’opinione che gli
Ondskapt abbiano raccolto meno consenso e considerazione di quanto avrebbero meritato.
Forse nemmeno loro si sono aiutati granché, fra lunghi stalli discografici, cambi di
line up e bassissimo profilo mediatico; nemmeno la Dea Fortuna, dal canto suo, sembra aver mai volto lo sguardo verso la compagine scandinava, come testimoniato dalla traumatica dipartita del geniale chitarrista
Nattdal.
Ad
Acerbus, unico membro originario ancora in sella, va dunque riconosciuta una dose di caparbietà non indifferente: in un periodo di titanica difficoltà per l’industria musicale, a dieci anni esatti dal precedente
full (l’ottimo “
Arise from the Ashes”), con una formazione largamente stravolta, il Nostro riesce a dare alle stampe “
Grimoire Ordo Devus”, ancora una volta per la fida
Osmose.
E sono applausi a scena aperta.
Già: per chi vi scrive, ci troviamo di fronte ad un
platter entusiasmante, che in un mondo regolato da criteri di meritocrazia proietterebbe gli
Ondskapt a ridosso dei vertici della scena estrema. Un
platter in cui atmosfera e aggressione trovano un prodigioso punto di sintesi, in cui la complessità di trame armoniche e struttura dei brani non va mai a scapito dell’impatto sonoro, in cui l’evidente afflato
old school non sfocia mai nel revivalismo o nel puro citazionismo.
Nei solchi di “
Grimoire Ordo Devus”, beninteso, non rinverrete nulla di innovativo o originale in senso stretto; eppure, la sapienza di cui il
songwriting è imbevuto, la matrice ritualistica delle
lyrics, la poderosa produzione -peccato solo per delle
vocals leggermente slegate dal tessuto strumentale-, il
feeling di maligna
grandeur che percorre le composizioni sapranno rendere l’ascolto sempre fresco e stimolante.
Convincente sia nella veste più dissonante e ferale (“
Old and Hideous”, “
Animam Malum Daemonium”) che in quella maggiormente votata alla melodia (la macabra “
Possession”, le tetre incursioni
Dissectioniane della conclusiva “
Excision”), la
tracklist si rivela micidiale e (quasi) priva di passaggi a vuoto, capace di soddisfare i palati del
blackster più esigente.
Se già li conoscete andate sul sicuro: gli
Ondskapt non avranno confezionato un masterpiece in senso assoluto, ma di certo non hanno dissipato un’oncia della loro letale miscela sonora. Se, invece, li avete sino ad oggi snobbati, concedete loro un’opportunità: ho motivo di ritenere che “
Grimoire Ordo Devus” abbia tutte le carte in regola per far breccia nei vostri neri cuoricini.