Copertina 7

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2020
Durata:60 min.
Etichetta:JM Distribution

Tracklist

  1. THE FOG
  2. IN THE ROOM
  3. YOU NEED A PROPHET
  4. MASK AND MONEY
  5. WELCOME TO THE MEAT GRINDER
  6. SPEED KINGS
  7. CLOUDS PT. 1
  8. CLOUDS PT. 2
  9. CUT THE TONGUE
  10. THE SWAN
  11. ISLAND
  12. WE KNOW WE ARE TWO
  13. I SEE THE SEA
  14. GLIMMERS
  15. CASTAWAY
  16. WOOD ON THE SAND
  17. WANDERING
  18. DESERT WAY

Line up

  • Giuseppe "Julius" Chiriatti: keyboards
  • Bianca Berry: vocals
  • Filippo Dolfini: drums
  • Marco Croci: bass, vocals
  • Dario Guidotti: flute, vocals
  • Daniele Bianchini: guitar
  • Flavio Scansani: guitar
  • Francesco Marra: guitar
  • Mario Manfreda: guitar
  • Egidio Presicce: sax
  • Martina Chiriatti: vocals
  • Richard Sinclair: guest vocals

Voto medio utenti

Ci sono voluti più di 40 anni per mettere la parola “fine” a questo progetto partorito nel 1978 dalla mente di Giuseppe “Julius” Chiriatti. All’epoca il tastierista leccese - che se ho capito bene oggi è un avvocato - faceva parte di una formazione di nome Forum che “rinunciò” al concept perché stilisticamente poco vicino al suono jazz-rock che il combo voleva perseguire.

Entrando nel merito di “Cut The Tongue” - che stringiamo oggi tra le mani grazie all’impegno congiunto della figlia di Chiriatti, qui anche cantante, e di un manipolo di musicisti/artisti che potete leggere nei credits dell’album - i 60 minuti di quest’opera incentrata sulle vicende del protagonista Boy (un ragazzo in cerca di sé stesso che mi ha ricordato un po’ Tommy degli Who e un po’ Rael dei Genesis) non potranno non fare la felicità di tutti gli appassionati di certo progressive rock classico e un filo nostalgico.

Le coordinate stilistiche mi sembrano soprattutto quelle del prog sinfonico nostrano più recente (Mangala Vallis e Moongarden in primis), con qualche strizzata d’occhio alle esperienze internazionali (difficile non scorgere Neal Morse o i Transatlantic in un tema ricorrente come quello dell’introduttiva “The Fog”) e un gusto per l’arrangiamento che rievoca i mostri sacri del genere, dagli Harmonium (“We Know We Are Two”) ai Pink Floyd (“Clouds Pt. 2”, “Island”), passando per i Genesis (“In The Room”) e i Caravan (non è un caso che nella titletrack ci sia anche un certo Richard Sinclair a cantare). E mi fermo qui.

Tutto già sentito? Non me ne voglia Julius, ma probabilmente la risposta è sì, ed è questo l’unico limite che trovo in un lavoro comunque formalmente ineccepibile che suona bene dalla prima all’ultima nota.

Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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