Tutti conosciamo
Tom S. Englund come leader e frontman degli
Evergrey e, da qualche anno, dei
Redemption. Il progetto
Silent Skies è però l’occasione per apprezzare l’ugola svedese in un contesto molto più minimale, etereo e rarefatto.
Non ho usato a caso questi tre aggettivi perché si adattano perfettamente all’intero
“Satellites”, nato dalla collaborazione di
Englund con il pianista
Vikram Shankar, elegante negli arrangiamenti dal carattere cinematografico ed essenziale nell’esecuzione (scordatevi i “frullatasti” del calibro di Rudess o Sherinian, in questo caso se volete sentire qualcosa che ricordi vagamente un assolo dovete attendere fino alla penultima traccia intitolata
“Distance”).
Quindi tutto bene? Sì e no.
“Satellites” pecca forse di “eccessiva coerenza”, con soluzioni che tendono a ripetersi e brani - talvolta soporiferi - che rischiano di confondersi tra di loro anche dopo ripetuti ascolti. Se l’introduttiva
“Horizons” spicca per l’effetto sorpresa, già intorno a
“Walls” tutto comincia a diventare faticoso, nonostante i buoni presupposti delle “variazioni sul tema” che rispondono al nome di
“Endless” (dal respiro hollywoodiano) e
“Here Comes The Rain Again” (elettronica al punto giusto).
Buono ma un po’ indigesto…
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