Copertina 6

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2006
Durata:45 min.
Etichetta:Cruz del Sur
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. THE LOCUST YEARS
  2. WE ARE THE WIDOWS
  3. TROT OUT THE DEAD
  4. FAMINE’S LAMP
  5. CHASTITY RIDES
  6. WAR ANTHEM
  7. ELECTION DAY
  8. WIDOW’S WALL

Line up

  • Mike Scalzi: guitars, vocals
  • John Cobbett: electric, lead and acoustic guitars
  • Chewy: drums
  • Jamie Myers: vocals, bass
  • Sigrid Sheie: piano, hammond, backing vocals

Voto medio utenti

Uno dei nomi nuovi nel panorama metal degli ultimissimi anni sono gli Hammers of Misfortune, quintetto promiscuo proveniente da San Francisco. Dentro ci potete trovare di tutto: da John Cobbet, ex Slough Feg, a due avvenenti e brave signorine dedite alle tastiere ed al basso, ad una miscela sonora che definire atipica è riduttivo: i nostri, per intenderci, se la spassano suonando un metal molto rococò, se mi si passa il termine, pieno di riff energici e di strutture solide ma infarcito ovunque di barocchismi, soluzioni musicali à la Queen, ed un abile gioco di voci condiviso dal singer/chitarrista Mike Scalz e dalla succitata bassista Jamie Myers. Fiumi di inchiostro e di critiche positive hanno fatto camminare gli Hammers su tappeti vellutati, idolatrandoli sin dagli inizi ed accompagnandoli durante la pubblicazione dei due precedenti full length, “The Bastard” e soprattutto “The August Engine”, che nel 2003 prendeva 10/10 un po’ dovunque, convincendo la nostrana Cruz del Sur dell’azzeccata mossa commerciale di aver scritturato la band. Le cose non sono cambiate, ed il 2006 ci consegna questo “The Locust Years”, terzo coerente capitolo della storia personale della band. Ma cosa c’è dentro questo disco? L’opener-title track ci catapulta immediatamente in questa dimensione parallela, dove 7 minuti e passa di musica definiscono immediatamente un sound peraltro già riconoscibilissimo: un up tempo muscoloso, dove le strutture musicali tendono ad una “drammatizzazione” del contesto, che di sicuro è parte importante dell’alchimia della band. Songs come “Trot out the dead”, “War Anthem” mantengono intatta l’idea che i nostri adottino un approccio alla composizione musicale quasi teatrale, prediligendo le ‘scene’, quasi a voler suggellare con colori melodrammatici e grandguignoleschi un’idea del metal del tutto personale. Ciò che non mi convince affatto, però, in questo lavoro come nei precedenti, è che tutti, TUTTI i riff, le impalcature musicali, le soluzioni strumentali, sono ‘furti’ a piene mani dai grandi del classic metal: se aguzzate l’orecchio, in “The Locust Years” saprete trovare Queen, Iron Maiden, Judas Priest, come anche ammiccamenti più o meno velati ai maestri del metallo teatrale, King Diamond in primis. Totale dell’equazione? A me questo disco puzza, puzza da morire. Fatte salve le abilità tecniche di Cobbett e soci, “The Locust Years” mi dà l’impressione di un bellissimo abito di scena, impreziosito da trapunte e pizzi, pieno di sottane e di merletti…. ma, come tutti i vecchi abiti da teatro, pieno di rattoppi, e puzza un po’ di naftalina…
Recensione a cura di Pippo ′Sbranf′ Marino

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