Arrivano al cospetto del mio sempre avido apparato
cardio-uditivo con la nomea di essere un connubio tra Queens of The Stone Age, Voivod e Alice In Chains e non è difficile con tali presupposti accendere da subito i gangli sensoriali della curiosità e dell’attenzione.
Si chiamano
Gargoyl e tra le loro fila spiccano i nomi di
Dave Davidson (Revocation) e
Luke Roberts (Ayahuasca), supportati da un manipolo di musicisti (ospiti compresi) altrettanto visionari e inquieti, in grado di rendere “
Gargoyl” un esperimento di musica “trasversale” piuttosto intrigante.
Si può parlare di “esperimento” perché a mio modo di vedere il vorticoso miscuglio di
metal,
jazz,
dark,
grunge e
prog inscenato dai nostri, pur fascinoso, avrebbe bisogno di una maggiore “messa a fuoco” complessiva per apparire veramente coerente e convincente.
I liquidi squarci psichedelici, i gorghi oscuri, le roventi dissonanze chitarristiche e un cantato angoscioso e ipnotico (fortemente debitore dell’indimenticato
Layne Staley) che caratterizzano il programma conducono l’astante in un labirinto sonoro morboso e paranoico, in cui però il rischio della reiterazione e dell’eccessiva diluizione è alla lunga abbastanza incombente.
Le digressioni liturgiche di “
Truth of a tyrant” aprono un disco che con la successiva “
Plastic nothing” inizia a sgranare il suo rosario delirante, elegiaco e frenetico, seguito dalla sferragliante "
Cursed generation” e da una "
Electrical sickness” che comincia a “mostrare la corda” di una formula espressiva leggermente abulica nella sua ricerca creativa.
Andiamo meglio con il lirismo
prog-grunge di "
Wraith” (che piacerà anche ai
fans degli Opeth) e la strisciante disperazione di “
Ophidian”, mentre “
Nightmare conspiracy” ripropone con minore efficacia l’ossessivo canovaccio e “
Waltz dystopia” si segnala per l’andatura magnetica, sgretolata da improvvise e frementi scariche di rabbia allucinata.
“
Ambivalent I” (un grumo di vibrante agonia tra AIC e Voivod) e “
Acid crown” (una delirante composizione dai cromatismi quasi King Crimson-
iani, complice il
sax di
Erik Van Dam) sono probabilmente i momenti più alti di una raccolta che con “
Asphyxia” fornisce all’ascoltatore l’idea di come con il termine
ballata si possa intendere anche un
trip acido e gassoso.
“
Gargoyl” è un’opera che si colloca con un certo coraggio nell’ipersaturo e conformista mercato discografico contemporaneo, attivando un processo evolutivo ricco di tensione emotiva, a cui guardare con interesse anche nell’ottica degli auspicabili sviluppi futuri.
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