Secondo full-length per gli americani
Suffering Hour che fin dal layout di copertina promette di essere il degno successore del debut "
In Passing Ascension" del 2017. Il nuovo "
The Cyclic Reckoning", infatti, si presenta come un ottimo esempio di evoluzione stilistica. Il precedente album infatti dava già dimostrazione di una buona maturità compositiva e di una certa personalità ma è con questo nuovo sforzo discografico che i nostri mostrano il potenziale detenuto dalla personalizzazione della propria proposta. Se nel caso del debut ci trovavamo di fronte a un black/death già elaborato e riconoscibile che aveva nei momenti più frenetici e deflagranti le sue armi più affilate, nel caso del presente lavoro troviamo una band ancora più a suo agio nel maneggiare composizioni anche piuttosto lunghe e articolate, ricche di cambi di tempo e di stato d'animo, nelle quali viene implementato un uso più diffuso di dissonanze e disarmonie. Esse, infatti, permettono alla band di ampliare il ventaglio di soluzioni espressive a propria disposizione garantendo così un'attenzione sempre molto alta da parte dell'ascoltatore. Non solo, infatti il bilanciamento tra parti ritmicamente più devastanti e mid tempo ammalianti è architettata in modo davvero perfetto: il disco vanta dunque un songwriting di grande fattura che sa coniugare un guitar work ispirato a delle composizioni sempre meravigliosamente concepite, tanto da riuscire a gestire alla perfezione i 16 minuti e 33 secondi dell'ottima "
The Foundations of Servitude" in chiusura d'album.
Pur trattandosi di un lavoro stratificato e complesso che sicuramente si fa apprezzare un po' di più ad ogni ascolto, "
The Cyclic Reckoning" riesce a seminare qualche esca già al primo approccio con l'apparato uditivo dell'ascoltatore. Qualche riff, qualche linea di chitarra, qualche struttura accattivante o qualche dissonanza attireranno da subito la vostra attenzione emergendo dal pur intenso assalto sonoro a cui ci sottopongono i Suffering Hour. Da qui gli ascolti non faranno che gratificarvi sempre di più portandovi ad apprezzare tanto la devastazione evocata in certi frangenti quanto le riflessive partiture dei momenti più avvolgenti e meno tirati; infine, vi troverete a fare i conti con la mesta atmosfera post-apocalittica evocata dai nostri, fatta di amarezza, rabbia e senso di impotenza; sentimenti che il terzetto americano sublima nelle proprie composizioni in modo magnifico facendo empatizzare l'ascoltatore con la visione desolante evocata dalle partiture proposte nell'album.
Si tratta di un disco estremo che per la personalità e la perizia con la quale è stato concepito e realizzato merita il vostro ascolto, anche ripetuto, per potervi entrare dentro e farvi l'effetto per il quale è stato sapientemente progettato.
Non sarà questo disco a cambiare le sorti del metal estremo, certo, ma, in luogo del solito messia che a turno ci propinano le varie label, sarò ben contento di preferire band come i Suffering Hour che con il lavoro e la passione migliorano di album in album per proporci lavori sempre più qualitativi e personali. Alla luce del presente lavoro, un nome da tenere in massima considerazione in vista di ulteriori sviluppi futuri.
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