Quante volte, magari dopo aver esplorato le celebrate bellezze dei paradisi geografici esotici, ci si è stupiti di come un’analoga (se non addirittura maggiormente intensa) attrattiva la potessero garantire luoghi decisamente più alla portata di mano?
Traslitterando il concetto in ambito musicale la situazione non è meno frequente e il primo lavoro di
Alberto Sonzogni, musicista, cantante e compositore bergamasco dal prestigioso
curriculum (collaborazioni con il Teatro e la Fondazione Donizetti di Bergamo, nonché adesione ai progetti The Black Phoenix, B.M.B. Bon Jovi Tribute Band ed Eleventh Hour, tra gli altri), conferma appieno tale assioma, svelando una qualità espressiva e una forza emotiva che solo un ottuso esterofilo avrebbe il coraggio e la sfrontatezza di confutare.
“
September man”,
album dai connotati autobiografici, è, infatti, un’opera di notevole valore, in grado di assecondare con gusto superiore e raffinato i vari stati d’animo dell’autore, sapendo cogliere emozioni che vengono dal profondo per poi condividerle con l’ascoltatore grazie ad un’innata capacità empatica.
Il veicolo sonoro di tale forma di comunicazione è un
rock melodico ad ampio spettro, che attinge dall’
AOR, dal
jazz, dal
soul, dal
country, dal
prog e dal
blues, blandendo i sensi, ma sapendo anche, all’occorrenza, scuoterli con una bella botta d’energia.
Supportato da un manipolo di eccellenti coadiutori (e qui segnaliamo in particolare
Gessica Pirola che condivide spesso il microfono con il nostro e ha contributo diffusamente alla stesura dei testi),
Alberto produce dieci gioiellini di pura passionalità, ostentando una sicurezza e una disinvoltura assolutamente esemplari.
Il contagio istantaneo si manifesta fin dal solare
riff pianistico dell’
opener “
The soundtrack of my life” e se amate i Toto riconoscerete la loro preziosa influenza in un brano di imponente suggestione, elevatissima anche quando, nella successiva “
A little bit older”, il clima diventa malinconico e avvolgente, trasportando l’astante direttamente dalla Val Brembana al Tennessee.
“
The armor” è una struggente ballata (con qualcosa dei The Cars di “
Drive” nell’impasto) illuminata da una sentita interpretazione vocale e da un bellissimo assolo di chitarra, mentre se cercate sonorità più grintose eccovi accontentati da “
Scary world”, una perla di
pomp-rock degna di Fortune e Seventh Key.
In “
Dear friend loneliness” e “
If your smile becomes a kiss” ritornano le languide atmosfere
rootsy d’oltreoceano, ancora una volta trattate con sensibilità ed enorme naturalezza, le stesse che del resto ritroviamo nelle vibranti pulsazioni
seventies di “
Ivory tower” e nel magnetismo notturno di “
Night survivor”, davvero “impressionante” nella sua capacità evocativa.
Il raffinato velluto
jazzy di “
Maybe one day” e il soffuso broccato
blues di “
We play together” (mi ha ricordato certe cose di
Jeff Healey) sono gli ultimi due tessuti armonici su cui
Alberto Sonzogni e i suoi
pards ricamano le loro brillanti cifre artistiche, conciliando vocazione e competenza.
“
September man” è un gran bel disco e spero vivamente che il pubblico lo sappia apprezzare come merita, senza farsi condizionare dai pregiudizi o distrarre dal marasma di nomi con maggiore
appeal (non sempre giustificato ...) che affollano il
rockrama contemporaneo.