Ho sempre visto la carriera degli
Artillery come un caso un po’ a sé stante. Partiti ben 39 anni fa come gruppo culto con il primo mitico album “
Fear of tomorrow”, che nella sua semplicità faceva già intuire quanto i danesi avessero una marcia in più a livello compositivo rispetto a tanti altri colleghi, sono riusciti poi ad evolvere alla massima potenza il proprio sound, divenendo sempre più ricchi e complessi. Questo sia durante la prima parte della loro carriera, sia dalla reunion in avanti.
Da “
B.A.C.K.” in poi, infatti, hanno continuato a portare avanti il loro personalissimo modo di intendere il thrash metal più tecnico, e a mio giudizio l’unica cosa che gli ha impedito di fare davvero il grande salto è stata la line up sempre troppo tremolante e cangiante. Se fossero riusciti a saldarla meglio, sono certo che sarebbero arrivati anche risultati più tangibili.
Ad ogni modo, tra mille difficoltà (tra cui non da poco la morte, nel 2019, di
Morten Stützer, prima bassista e poi chitarrista della band, nonché fratello dell’altra ascia
Michael), scherzando e ridendo sono arrivati al traguardo del decimo album, dedicato all’amico e fratello scomparso e intitolato molto semplicemente “
X”, licenziato dalla
Metal Blade Records lo scorso 7 Maggio.
Cosa aspettarsi da un nuovo lavoro dei danesi? Né più né meno quello che è lecito attendersi da loro, e cioè un potente e melodicissimo thrash metal, dalle forti tinte classic! Già da qualche anno, infatti, il sound dei nostri si è leggermente ammorbidito rispetto ai furiosi e bellicosi primi tempi, vuoi per l’età dei componenti, vuoi per una naturale evoluzione del sound, fatto sta che se la melodia ha sempre fatto parte delle peculiarità del quintetto, ultimamente la fa proprio da padrona, e tutto sommato non è affatto un male.
A dare un’ulteriore svolta melodica ha pensato senza dubbio il singer
Michael Bastholm Dahl, in possesso di un timbro decisamente più classico rispetto ai suoi predecessori, quindi se i primi tre album post reunion erano comunque indirizzati ad un corposo thrash tecnico, i successivi quattro, compreso quest’ultimo “
X”, come già accennato, hanno visto via via il sound ammorbidirsi leggermente, senza perdere, però, del tutto la vena thrash di partenza.
Quindi da qualche anno, ormai, la band ci ha abituati ad un’alternanza tra riffoni e sfuriate più metalliche, ed aperture molto melodiche nei refrain, di stampo quasi hard rock, per capirci. La formula funziona decisamente bene, perché arricchisce di molto i brani, anche se a volte si nota una marcata discrepanza tra le parti più pesanti, davvero molto particolari ed articolate, e quelle più leggere, non sempre convincenti come le altre, a volte un po’ sempliciotte.
A livello personale continuo a non apprezzare appieno la voce di
Michael Bastholm Dahl, spesso mi sembra fuori contesto, basti pensare che il brano sul quale si trova più a suo agio è “
The ghost of me”, una power ballad davvero di gran classe. Però questa resta una mia considerazione e lascia il tempo che trova. Tendenzialmente il disco non ha difetti grossolani, i brani sono tutti di livello, forse avrei differenziato un po’ di più le parti di batteria, troppo spesso assestate su dei tupa-tupa non particolarmente pungenti, ma anche in questo caso si tratta di sottigliezze.
“
X”, non sarà un capolavoro, ma è un disco degno del nome della band, della sua carriera quasi quarantennale, del traguardo del decimo disco, e soprattutto un buon omaggio al compianto
Morten Stützer.